[..] Quella fiaba parlava di un branco di lupi che erano messi un pò male perché non mangiavano da parecchio tempo, insomma attraversavano un brutto periodo.
Il vecchio lupo capo branco però tranquillizzava tutti, chiedeva ai suoi compagni di avere pazienza e aspettare, tanto prima o poi sarebbero passati branchi di cinghiali o di cervi, e loro avrebbero fatto una caccia ricca e si sarebbero finalmente riempiti la pancia. Un lupo giovane, però, che non aveva nessuna voglia di aspettare, si mise a cercare una soluzione rapida al problema. Decise di uscire dal bosco e di andare a chiedere il cibo agli uomini.
Il vecchio lupo provò a fermarlo, disse che se lui fosse andato a prendere il cibo dagli uomini sarebbe cambiato e non sarebbe più stato un lupo.
Il giovane lupo non lo prese sul serio, rispose con cattiveria che per riempire lo stomaco non serviva a niente seguire regole precise, l'importante era riempirlo.
Detto questo, se ne andò verso il villaggio.
Gli uomini lo nutrirono coi loro avanzi, e ogni volta che il giovane lupo si riempiva lo stomaco pensava di tornare nel bosco per unirsi agli altri, però poi lo prendeva il sonno e lui rimandava ogni volta il ritorno, finché non dimenticò completamente la vita di branco, il piacere della caccia, l'emozione di dividere la preda con i compagni.
Cominciò ad andare a caccia con gli uomini, ad aiutare loro anziché i lupi con cui era nato e cresciuto. Un giorno, durante la caccia, un uomo sparò a un vecchio lupo che cadde a terra ferito. Il giovane lupo corse verso di lui per portarlo al suo padrone, e mentre cercava di prenderlo con i denti si accorse che era il vecchio capo branco.
Si vergognò, non sapeva cosa dirgli.
Fu il vecchio lupo a riempire quel silenzio con le sue ultime parole:
"Ho vissuto la mia vita come un lupo degno, ho cacciato molto e ho diviso con i miei fratelli tante prede, così adesso sto morendo felice.
Invece tu vivrai la tua vita nella vergogna, da solo, in un mondo a cui non appartieni, perché hai rifiutato la dignità di lupo libero per avere la pancia piena.
Sei diventato indegno.
Ovunque andrai, tutti ti tratteranno con disprezzo, non appartieni né al mondo dei lupi né a quello degli uomini...
Così capirai che
la fame viene e passa,
ma la dignità
una volta persa
non torna più".
[..]
Educazione Siberiana: il film, che è ancora in molti cinema italiani di questo marzo 2013, gode della regia di
Gabriele Salvatores. Il romanzo è scritto da
Nicolai Lilin, ed è per molti aspetti un'autobiografia e una testimonianza sugli usi e costumi della
Transinistria (Moldavia orientale).
Aspettavo l'uscita di questo film come il pane, con tanto di conto alla rovescia dei giorni (oggi volevo recensire il secondo volume del romanzo 1Q84 di Murakami, ma non potevo lasciare da parte questo film, quindi... aspettate! E andate a comprare in libreria il suo A sud del confine, a ovest del sole).
Ve ne parlo solo ora, tuttavia, perché ho avuto bisogno di un po' di tempo per farlo maturare e rifletterci sopra. Infatti, le critiche che sono state rivolte a questa pellicola sono essenzialmente accuse di alcune mancanze nella sceneggiatura, e un finale troppo rapido e poco comprensibile.
Ma andiamo con calma. Farò veri spoiler solo nella parte finale di questa recensione, li distanzierò dal resto del testo.