“Vita di Pi” è un romanzo di Yann Martel (scrittore canadese), vincitore del Booker Prize nel 2002, attualmente presente in tutte (o quasi) le sale italiane nella trasposizione cinematografica di Ang Lee.
Ora, la presente recensione vi parlerà tanto del libro quanto del film:
1) Senza spoiler, trama e impressioni del romanzo. Libro la cui lettura mi ha coinvolta, commossa, divertita e fatta restare incantata. Libro che consiglio non una, ma tre, cinque, nove volte.
2) Con spoiler seguirà, distanziato da molti a-capo, una riflessione sul film. Chi vuole o chi ha già visto il film potrà leggere le ragioni che mi fanno inserire la pellicola (con immane rimpianto, adoro Ang Lee) nello Scaffale della Vergogna.
A scanso di equivoci, per chi non leggerà la seconda parte, dico subito che per il 90% il film mi è piaciuto tantissimo (da matti); il problema è il 10% restante che m'è piaciuto tanto tanto poco. Forse non avrei dovuto leggere prima il romanzo (un consiglio della nostra Nemesi oltretutto, GRAZIE cara!), per gustarmi la pellicola, visto che una narrazione così intima, anche se leggera, briosa e a tratti decisamente scanzonata, era difficilissima da trasformare in un film pienamente appagante. Ciò non toglie che sia, a mio avviso, uno dei più bei film da andare a vedere al momento, quindi consiglio comunque di scegliere "Vita di Pi" se l'alternativa è "Colpi di Fulmine" o chissà cos'altro.
Unico avvertimento vero e proprio (a parte i borbottii della sottoscritta che ha apprezzato troppo il libro), è che dovete aspettarvi una visione molto importante e impegnativa, un bel cazzotto nello stomaco foderato di velluto.
In ogni caso, infatti, il film è da vedere, perché visivamente è spettacolare, la regia è ottima (Ang Lee...), l'attore è perfetto e le tigri sono adorabili (ne sono state usate varie), per non parlare di alcune scene che ti inchiodano alla sedia.
Ora, a noi!