domenica 23 dicembre 2012

Vita di Pi: quando è difficile fare un film perfetto da una storia perfetta

Vita di Pi” è un romanzo di Yann Martel (scrittore canadese), vincitore del Booker Prize nel 2002, attualmente presente in tutte (o quasi) le sale italiane nella trasposizione cinematografica di Ang Lee.
Ora, la presente recensione vi parlerà tanto del libro quanto del film:




1) Senza spoiler, trama e impressioni del romanzo. Libro la cui lettura mi ha coinvolta, commossa, divertita e fatta restare incantata. Libro che consiglio non una, ma tre, cinque, nove volte.

2) Con spoiler seguirà, distanziato da molti a-capo, una riflessione sul film. Chi vuole o chi ha già visto il film potrà leggere le ragioni che mi fanno inserire la pellicola (con immane rimpianto, adoro Ang Lee) nello Scaffale della Vergogna
A scanso di equivoci, per chi non leggerà la seconda parte, dico subito che per il 90% il film mi è piaciuto tantissimo (da matti); il problema è il 10% restante che m'è piaciuto tanto tanto poco. Forse non avrei dovuto leggere prima il romanzo (un consiglio della nostra Nemesi oltretutto, GRAZIE cara!), per gustarmi la pellicola, visto che una narrazione così intima, anche se leggera, briosa e a tratti decisamente scanzonata, era difficilissima da trasformare in un film pienamente appagante. Ciò non toglie che sia, a mio avviso, uno dei più bei film da andare a vedere al momento, quindi consiglio comunque di scegliere "Vita di Pi" se l'alternativa è "Colpi di Fulmine" o chissà cos'altro.


Unico avvertimento vero e proprio (a parte i borbottii della sottoscritta che ha apprezzato troppo il libro), è che dovete aspettarvi una visione molto importante e impegnativa, un bel cazzotto nello stomaco foderato di velluto.
In ogni caso, infatti, il film è da vedere, perché visivamente è spettacolare, la regia è ottima (Ang Lee...), l'attore è perfetto e le tigri sono adorabili (ne sono state usate varie), per non parlare di alcune scene che ti inchiodano alla sedia.
Ora, a noi!

Prima parte.

Il romanzo vive di piccoli dettagli. Il protagonista, Piscine Molitor Patel, cresce nella cittadina coloniale francese di Pondicherry, in India, sin da piccolo a strettissimo contatto con il mondo naturale e quello animale. Il padre infatti, approfittando di una buona congiuntura economica e sociale, ha abbandonato l'attività di gestione alberghiera e ha creato e curato per anni lo zoo, in cui leoni, tigri, rinoceronti, scimmie e diverse altre specie di animali convivono, sopravvivono ai visitatori e trovano un habitat "naturale" circoscritto dalle cure umane.

Il ragazzino viene chiamato in quel modo strano a causa di Francis Adirubasamy, un amico di famiglia appassionatissimo di nuoto e di piscine che, nella fattispecie della storia del nome, a Parigi viene totalmente incantato dalla piscina pubblica e propone che al nascituro venga dato proprio quel nome: Piscine Molitor. Il ragazzo, che chiama Adirubasamy con l'appellativo di Mamaji (mama sta per "zio" e "-ji" è un vezzeggiativo), incontra a scuola numerose difficoltà, visto che gli altri ragazzini prendono a chiamarlo "Piscione", al punto che anche gli insegnanti cominciano a sbagliarsi. 

Così Piscine Molitor tira fuori l'ingegno e, presentandosi ogni volta nella nuova classe, alle scuole medie, disegnando il pi greco e illustrandone il ruolo e la natura, "addestra" i compagni a chiamarlo "Pi", semplicemente Pi, proprio come il pi greco, in omaggio anche alla grande tradizione logico-matematica indiana.
Non è molto diverso da quello che farà quando, naufragato nell'Oceano Pacifico, si ritroverà a dover addestrare Richard Parker, la tigre del suo zoo. Come ci finisce nell'oceano Pacifico, per ben 227 giorni, oltretutto? La situazione in India cambia e i genitori di Pi decidono di vendere alcuni animali e trasferirsi in Canada, verso cui sono diretti, su un mercantile giapponese.


Tutta la parte del naufragio e della deriva è gestita in modo incredibile, accurato e sentito dallo scrittore, tanto che si avanza di pagina in pagina con l'impressione di essere lì, di vivere la difficoltà della situazione ma anche l'ironia sul cui filo si resta sempre, per non cadere nella totale disperazione. Un viaggio magico, trascinante, che, anche nella perdita (purtroppo) di tutta la famiglia e nella vicenda drammatica del naufragio, è destinato concludersi positivamente (la sopravvivenza di Pi e di Richard)... Anche se non tutto finisce qui.



Un romanzo incantevole in quanto profondamente vivo, capace di guardare alle cose con la partecipazione di un cuore che batte forte e il distacco di chi cammina sul filo tra la vita e la morte. Lo stile è semplice (nel senso migliore della parola), bello e piacevole, il ritmo non perde colpi e si arriva alla fine totalmente commossi e presi.

Prima di andare alla seconda parte, anticipo qui due elementi che fanno parte del personaggio di Pi, insieme e inseparabili: la sua passione e grande capacità di osservazione verso il mondo naturale, e la sua fede. Indù, cristiano e musulmano al tempo stesso, Pi è ha la personalità d'un fuoco che non consuma, è curioso e intelligente, sente la presenza di Dio in molti modi, al di là dei dogmi delle singole religioni, un sentimento che è anche molto pratico, in quanto Pi davvero pratica quelle opere, fisiche e mentali, che gli permettono di aprirsi al divino nel mondo e fuori dal mondo. 
Continuamente ricorrono il rispetto, la cura per se stessi come parte della natura, la capacità di vedervi però tanto, tantissimo, più di quanto siamo soliti fare noi occidentali. Lo vediamo nell'infanzia di Pi, nella sua adolescenza, durante il naufragio e anche dopo, mentre viene intervistato dallo scrittore, curioso di sapere la fantastica storia di Piscine Molitor Patel.
Perché è una vicenda umana profondissima, che vi farà fermare più volte a sorridere, a pensare.



(Anticipo qui la scheda libro, che di solito inseriamo a fine articolo)
Autore: Yann Martel
Titolo: "Vita di Pi"
Editore: Piemme.
Pagine: 335.
Prezzo: 10,50.







Seconda parte.

Anzitutto, il bellissimo trailer italiano.
Vi dà un'idea delle aspettative che mi ero creata sul film (e in parte ampiamente soddisfatte).




Ovvero: che sarà mai successo per meritare al film lo Scaffale della Vergogna? Presto detto: non so come appare il tutto a chi non abbia letto il romanzo, ma lo Scaffale della Vergogna accoglie "Vita di Pi" perché nel passare da carta a pellicola sono "andati persi dei pezzi" che, a mio avviso, caratterizzavano così bene tutta la vicenda che... senza non mi sono proprio ritrovata.
Il primo è l'ironia. Anche nel film c'è, viene espressa dalle battute e dal ritmo, ma, probabilmente, era proprio impossibile renderla nel modo in cui la troviamo nel romanzo. Diciamo che sotto questo aspetto è molto comprensibile, che la trasposizione non sia stata completa. Non lo è, però, un altro aspetto, quello del secondo pezzo mancante, e in questo, a meno che la versione cinematografica abbia delle scene tagliate a riguardo, è imputabile alle scelte di sceneggiatura.
Parlo dell'amore per il mondo naturale di Pi. Sacrosanto presentarci le scene che parlano delle sue scoperte ed entusiasmi religiose, e dei piccoli screzi con il padre, che si reputa parte di un'India moderna. Ma nel romanzo questa fede e apertura totale (che considera il dubbio una parte essenziale) è controbilanciata da una intensa osservazione del mondo animale, un'immersione spontanea e sentita nell'universo dello zoo di Pondicherry. A riguardo, nel film, troviamo solo una bellissima carrellata iniziale, con diverse inquadrature nello zoo. Ma non basta. Perché, per ragioni assai specifiche, era importante rendere Pi a tutto tondo: il risultato di questa resa blanda di tale aspetto è che, proprio sul finale in cui viene sciolto il nodo di tutta la vicenda, purtroppo l'impressione che mi è rimasta è stata di stordimento totale.


C'è da ricordare che il film, prodotto dalla FOX, per varie ragioni è passato per le mani di ben quattro registi, con Ang Lee che arriva per ultimo e David Magee  (sceneggiatore di un film capolavoro, "Neverland"!) che lavora sulla sceneggiatura definitiva, passata per altrettante mani. Pertanto mi sento un tantino male a non essere riuscita ad apprezzare appieno il lavoro svolto su "Vita di Pi". Ci ho pensato sopra due giorni, cercando di capire il motivo per cui sono arrivata a fine film quasi stordita e contrariata.

Spezzo una lancia e mi rendo il lavoro ancora più difficile, scrivendo che l'interpretazione di Suraj Sharma (17 anni, al suo primo film), il protagonista, è stata bellissima e che non c'è stato un solo momento in cui ha avuto esitazioni o sbavature.


Inoltre (probabilmente idea di Ang Lee, che adora regalarci storie d'amore magnifiche.... sospiro sognante) viene inserita una fanciulla, di cui Pi si innamora in India. Le scene dedicate a loro due sono davvero, ma davvero, magnifiche, così come è bella l'idea che a Pi si eserciti con uno strumento a percussione (è così che incontra lei, durante una lezione di danza tradizionale indiana... ecco, mi viene proprio da dire, fuori dai denti, che Ang Lee avrebbe dovuto limitarsi a fare l'ennesimo capolavoro su loro due e lasciar perdere la storia del naufragio!).

Cosa è successo allora? Forse, proprio la bravura del regista e dell'attore hanno giocato contro: quando i pezzi sono andati ad incastrarsi lo hanno fatto con troppa forza.
Andiamo con gli spoiler pesanti.


Dopo aver seguito tutta la vicenda del naufragio in compagnia di Richard Parker, il lettore si trova di fronte a un'ultima scena, quella del dialogo tra Pi e i due ufficiali giapponesi venuti in Messico, per conto della compagnia di cui fanno parte, per capire le ragioni del naufragio. Pi racconta loro la storia con gli animali e Richard Parker, loro restano sconvolti e scettici, così Pi racconta un' "altra storia, fatta di cose che già sapete". 
Scampati al naufragio sarebbero stati Pi, la madre, il cuoco di bordo e un altro marinaio. Sulla barca accadono diverse cose, escalation di violenza, finché la madre e il marinaio sono morti, Pi si trova da solo col cuoco della nave e lo uccide a propria volta. Un uomo malvagio che è stato capace di tirare fuori la parte malvagia di Pi.
Ora. Bellissima scena. Magnifica. Mi sentivo a disagio sulla poltrona, l'inquadratura continua sul viso dell'attore, bravissimo, un senso di oppressione assoluto e nessuno che fiatava.
Ma quale era il senso di questo colpo di mano radicale?
Nel romanzo di percepisce benissimo un altro piano, un'apertura, una speranza per continuare a vivere, perché Pi era stato presentato a 360°, e questa passione per Dio era intessuta anche in altri elementi. Nel film è stata invece molto calcata la mano sull'entusiasmo del ragazzino, e sull'accusa di "irrazionalità", fatta dal padre (e parzialmente anche dalla madre). C'è anche nel libro, ma nel libro ci sono altri dettagli, altre sfumature, che non fanno proprio sembrare Pi così "irragionevolmente preso". C'è una scena, appena prima che la nave cominci a vedersela davvero brutta durante la tempesta, durante la quale Pi esce sul ponte e comincia a saltare come un esaltato. Nel romanzo viene detto "fronteggiai gli elementi" (sottolineato mio), mentre nel film l'attore salta qui e lì invocando la tempesta e il dio della tempesta.
..... Eh?
In sé non è che non mi sia piaciuto, il problema arriva quando, alla fine, lo spettatore ha, da una parte, la storia di Richard Parker e, dall'altra, i "fatti". Avendo caratterizzato Pi in quel modo un po' "eccessivamente mistico" quello che mi è rimasto è stato un messaggio cinico e atroce: "non riuscendo a reggere la realtà della situazione, ha inventato una allegoria". Quando invece nel romanzo non lascia affatto questa sensazione! Uno dei punti forti del romanzo era proprio la capacità di unificare i piani del divino, del naturale e dell'umano, considerandoli così intimamente connessi da essere vividi: l'ironia rafforza proprio questa fusione, perché viene dalle domande del cuore e dalla capacità di restare aperto, di riconoscere il sacro e il corso delle cose, e quindi di sopravvivere per tutto quel tempo in mare aperto. Non c'è modo di vivere la vicenda come una opposizione tra una "storia" e i "fatti", come invece il film, purtroppo, porta ad equivocare. 
Il tutto rafforzato da una interpretazione veramente intensa, sia dello Pi adulto che di Pi giovane e naufrago, e da scene di assoluta bellezza e godimento puro per gli occhi.


Purtroppo, questo sentimento di sconsolatezza e pessimismo cosmico finale è riuscito a rovinarmi tutto il resto del film. Oltretutto, anche se il romanzo rende benissimo la situazione, vedere le cose con gli occhi fa un altro effetto, e di suo la vicenda risultava più "pesante" che alla lettura.

Un possibile (e cattivo, lo so, ma lasciatemi sfogare) riassunto brutale delle angosce naufraghe di questo film è il seguente: 

[Spoiler su singoli elementi del film]


vedi una capretta innocente sbranata da una tigre (il padre vuole mostrare ai due figli la pericolosità estrema dell'animale), l'ippopotamo durante il naufragio divorato dagli squali, la zebra con la zampa rotta mangiata viva e pezzo per pezzo dalla iena uggiolante, lo scimpanzé ( la madre, che è rimasta senza il suo piccolo, morto sulla nave) che lotta con la iena e poi viene da questa morso e ammazzato, la tigre che si mangia la iena spezzandole il collo, Pi che riesce a pescare un enorme pesce e lo ammazza a martellate, Richard Parker che quasi muore affogato, Richard Parker sempre più magro, frotte di poveri lemuri indifesi morti come mosche... Sei lì che tifi per la tigre e per Pi... e alla fine scopri che la tigre non è proprio esistita (o almeno, per come il film viene impostato, l'unica interpretazione sembra proprio questa; il margine per l'altra interpretazione è davvero esiguo, al contrario del romanzo!).

 Eppure, tanto nel romanzo quanto nel film, è scritto:
"Nessuna delle due storie spiega l'affondamento della Tsimtsum"

"Giusto"
"Nessuna fa una sostanziale differenza per voi."
"Ha ragione."
"Non potete provare quale storia sia vera e quale falsa. Dovete fidarvi della mia parola."
"Pare di sì."
"In tutte e due le storie la nave affonda, la mia famiglia muore e io soffro."
"Senza dubbio."
"Allora ditemi, visto che per voi non fa nessuna differenza
e che non avete alcun modo di scoprire quale sia la storia giusta, quale preferite? Qual è la storia più bella, quella con gli animali o quella senza animali?"
Okamoto: "E' una domanda interessante...". 
Chiba: "La storia con gli animali". 
Okamoto: "Sì. La storia con gli animali è indubbiamente la più bella". 
Pi Patel: "Vi ringrazio. E' così anche per Dio".

7 commenti:

  1. Salve,
    augurandoti un buon Natale e un felice anno nuovo, ti invito a votare migliori film del 2012 sul mio blog. Nella pagina trovi anche il link per votare come "blogger cinematografico". Ovviamente, l'invito è esteso a tutti i blogger di cinema qui di passaggio che non sono ancora riuscito a contattare e a tutti i visitatori amanti del cinema!

    A presto!!!

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  2. il libro ero tentata di comprarlo, adesso va dritto dritto in wishlist, mentre il film mi ispirava poco e niente. cercherò il libro! auguri!

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    1. Il libro è consigliatissimo ;) Stai attenta però, perché con l'uscita del film hanno pubblicato una nuova edizione al doppio del prezzo praticamente uguale (tranne la copertina) a quella vecchia (che costava 10-11 euro).

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  3. Sono rimasto esattamente come te, stordimento totale!!!
    Dovevo leggermi il libro, e sono sicuro che mi avrebbe totalmente rapito!!!

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    1. Sei sempre in tempo ;D E come vedi, noi lo consigliamo a cuore aperto!

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  4. Secondo me hai sbagliato nel dire che nel film non si nota il fatto che Pi sia affezionato molto alla natura...tuttavia in alcune scene si vede come egli sia letteralmente ammaliato da essa...come ad esempio quando c'è la tempesta..oppure si commuove per aver ucciso il pesce che poi ha dato a Richard Parker..il film, secondo sempre il mio pensiero, è spettacolare! 4 Premi Oscar meritatissimi..non aggiungo altro..

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