Suona
la danza e le marionette si muovono a tempo di musica.
Galinder
e Malakith. I loro seguaci, i loro servi.
Angus.
E Kerri.
Chi
è che regge i fili?
Salve
a tutti. È la prima volta che scrivo su questo blog, anche se mi ero
offerta di collaborare diverso tempo fa in
quanto amyketta di Panssj
perché sono
troppo cazzona per tenere un mio blog perché
mi sarebbe piaciuto provare. La verità è che non so se sono
all’altezza, però volevo cimentarmi con questa recensione perché
secondo me il romanzo di cui mi appresto a parlare merita. L’ho
conosciuto grazie ad un forum che frequento (Massacri Fantasy), che
ne aveva parlato bene e aveva consigliato la relativa catena dilettura su aNobii (ebbene sì, sono una anobiana anch’io). E a
proposito, consiglio l’esperienza della catena di lettura, bisogna
aspettare un po’ per il libro ma ne vale la pena e un piego di
libri ha un prezzo veramente irrisorio (1,28 €).
Il
romanzo in questione è “La danza delle marionette” di Luca
Buggio. Ho deciso di recensirlo principalmente per un motivo: è
stato pubblicato da una casa editrice piccola e ha avuto una
distribuzione praticamente nulla, ma sono convinta che meriti un po’
di pubblicità. Perché fa abbastanza schifo che le grandi case
editrici pubblichino libr
cose come “Marked”,
magari accompagnate da grandi campagne pubblicitarie, e che un
romanzo come questo venga completamente ignorato perché non si
rivolge a un pubblico di adolescenti decerebrati. Inoltre l’autore
è una persona molto disponibile e aperta alle critiche, e posso
assicurare che non se ne incontrano poi molte. Ma basta con
l’introduzione.
![]() |
L'orrore, lo schifo, l'insulto a tutto ciò che c'è di buono e giusto in questo mondo. |
Ho
citato “Marked” non a caso: “La danza delle marionette” è un
urban fantasy e parla di vampiri. Giù i forconi! Non ha
assolutamente NULLA a che vedere con Twilight e compagnia cantante
(anzi, è stato scritto ben prima che la moda esplodesse). Qui i
vampiri sono veri, si nutrono di sangue umano, temono il fuoco e
vengono inceneriti dalla luce del sole. Il protagonista, Angus,
è un vampiro che ha scelto di proteggere i deboli e di nutrirsi solo
di coloro che fanno del male agli altri. Ha fondato e finanzia la
Fondazione Shannon,
dedicata alla memoria della moglie, che ospita ragazzi che vengono da
situazioni di degrado e di abusi, e offre un rifugio ai senzatetto.
Kerri
è la giovane direttrice della Fondazione, salvata anche lei da
giovanissima da una vita di sopraffazione e violenza; ha deciso di
dedicarsi completamente alla Fondazione e di rimanere accanto ad
Angus, che ama da sempre.
Ma
Angus non è l’unico vampiro in città. Galinder
è il leader della comunità di vampiri della metropoli, è antico e
potente, ed è stato lui ad assegnare a ognuno una zona della città
da controllare e in cui procurarsi il cibo. La comunità si regge su
alleanze e giochi di potere che ad Angus non interessano, finché la
guerra fra Galinder e una sua vecchia “nemica”, Malakith,
arriverà a minacciare il suo mondo e lui dovrà decidere da che
parte schierarsi. Come spiega l’autore su aNobii, “la danza delle
marionette” del titolo è proprio quella del “Dominus”
Galinder, di Malakith e del filosofo Policlete,
il capo di una setta di vampiri chiamati Sofisti; «una partita a
scacchi in cui Angus si trova ad essere pedina suo malgrado, e che è
obbligato a giocare fino in fondo per la sua esistenza e quella delle
persone che ama».
È
difficile riassumere questo libro in modo esauriente ma senza fare
troppi spoiler, perciò con la trama mi fermo qui, anche se ci
sarebbe ancora tanto da dire.
I
personaggi sono molti ma ben caratterizzati, tanto è vero che a
distanza di un mese dalla lettura me li ricordo piuttosto bene, e non
ho quel che si dice una memoria da elefante. Alcuni tra quelli che mi
hanno colpito di più, oltre a quelli già citati, sono
Rachel, la piccola
“informatrice” di Angus, baby-gangster testarda e ribelle; Brian,
autista e guardia del corpo di Angus, fedele al suo capo fino alle
estreme conseguenze; Erin,
la “figlia” di Malakith, combattuta tra la sua natura di vampiro
e la vocazione ad aiutare il prossimo (in vita era un medico).
![]() |
Tratto da "Marionette" (Dylan Dog) |
Probabilmente
una pecca dei personaggi di questo romanzo è proprio il fatto che
sono numerosi: c’è meno spazio per approfondire le loro storie e
il passato e il vissuto di molti rimangono oscuri. Ad esempio padre
Robert, il prete dei
quartieri poveri che aiuta i protetti di Angus, viene
significativamente introdotto attraverso un sogno che rappresenta la
lotta tra il Bene e il Male e ci permette di intuire la sua
personalità; ma nel corso del romanzo sarà una figura poco
approfondita.
Probabilmente
però, i personaggi che vengono approfonditi meno sono gli
antagonisti, in particolare quelli “minori”. Questo è
sicuramente da imputare ad una scelta precisa più che ad un errore,
visto che la storia è raccontata dal punto di vista dei “buoni”;
tuttavia mi sarebbe piaciuto conoscere meglio la psicologia di alcuni
di loro.
Il
fatto che io abbia parlato di “buoni” non deve portare fuori
strada: in questo romanzo non c’è una reale distinzione tra buoni
e cattivi. Questa caratteristica è ben rappresentata dal
protagonista, che non troverà facile scegliere con chi allearsi (e
quindi distinguere i “buoni” dai “cattivi”), e non è egli
stesso un buono a tutti gli effetti. Angus è tormentato dai sensi di
colpa per gli errori commessi nella sua vita precedente, che cerca
costantemente di espiare, e ha una natura bestiale che deve tenere
nascosta per proteggere le persone che ama. Sa che Kerri è
innamorata di lui, ma è anche consapevole del fatto che non potrà
mai ricambiarla; qui il conflitto è reale, a differenza che in
“Twilight”, ad esempio. Vediamo Angus diventare una belva
assetata -letteralmente- di sangue quando uccide, capace a stento di
controllare il suo istinto. E anche se le sue vittime hanno compiuto
azioni discutibili, sono pur sempre esseri umani che vengono
condannati ad una morte cruenta e senza possibilità di scampo.
A
parte la trama, sono state due le cose che ho apprezzato di più di
questo romanzo: lo stile di scrittura e l’ambientazione.
Lo
stile è molto “cinematografico”, con in generale un buon
equilibrio di mostrato e raccontato (nonostante alcuni errori, come
dirò poi); le scene sono descritte in maniera vivida, in particolare
quelle d’azione, che in genere rischiano di annoiare, mentre qui
hanno un buon ritmo. Alcune scelte stilistiche mi hanno ricordato
Stephen King, ad esempio quella di inserire un dialogo non essenziale
per la trama, ma che aggiunge realismo e “colore” alla scena (un
gruppo di senzatetto ospiti della fondazione che parlano del concerto
di Woodstock, a cui da giovani hanno partecipato). Probabilmente
un’influenza c’è, visto che sembra essere uno degli scrittori
preferiti dall’autore, almeno stando alla sua libreria anobiana.
La
storia si svolge tra il 2 novembre e il 25 dicembre, a simboleggiare,
come spiega l’autore, la morte e la rinascita. Il romanzo è
interamente ambientato in una «città senza nome», notturna,
piovosa e fatta di quartieri degradati, quasi gotica. Questa
ambientazione mi ha fatto pensare ad uno dei miei film – e fumetti-
preferiti, “Il Corvo”, che l’autore mi ha confermato essere
stati fra le sue fonti d’ispirazione. Il protagonista stesso, che è
un giustiziere che in un certo senso porta avanti una “vendetta”,
e convive con il costante ricordo della moglie morta, mi ha ricordato
Eric Draven.
Nonostante
tutto, questo romanzo non è esente da difetti: ci sono incertezze
grammaticali, alcune parti troppo raccontate, alcuni infodump e frasi
artificiose. Per una dissezion
disamina più dettagliata degli errori presenti nel romanzo, rimando
alla pignol
accurata recensione di Werehare qui.
Sono
tutto sommato d’accordo con questa recensione, tuttavia ho dato un
voto più alto al romanzo perké
lei è kattyva e kritykona e io no
perché ho voluto premiare un autore esordiente pubblicato da una
casa editrice semisconosciuta. E non per amykettismo, ma
essenzialmente per due ragioni: 1) questo libro non è stato
revisionato. Non è stato sottoposto a correzione di bozze né
tantomeno a editing 2) ho trovato errori anche peggiori in libri
pubblicati da case editrici famose; in
compenso le trame di
questi ultimi fanno pena: sono infantili e hanno buchi logici in cui
ci si può parcheggiare un SUV. E non sto parlando di uno o due
libri, ma della media dei fantasy italiani pubblicati da un
esordiente (e non solo).
In
conclusione, questo romanzo avrebbe sicuramente bisogno di un buon
editing, ma la base c’è
ed è buona. L’autore
ha talento e sono sicura che con l’esperienza potrà correggere i
difetti presenti nel libro. Consiglio di partecipare alla catena di
lettura su aNobii e, se vi piace, magari di comprarlo.
Il booktrailer:
© Emica89, Dita D'Inchiostro.
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