Gli
Oscar 2013 si avvicinano, e mentre infuriano le classiche
polemiche sulle nomination (perché non hanno candidato Di Caprio
all'oscar come miglior attore non protagonista *frigna* e Tarantino?! Non
voglio neanche iniziare a parlare dell'esclusione di Tarantino!),
noi dobbiamo pur trovare il modo di passare il tempo in modo
pacifico...
… e
quindi parliamo oggi di Zero
Dark Thirty,
uno dei film più controversi degli ultimi anni, criticato e
distrutto fin dal suo annuncio. Ovviamente non c'è cosa più giusta
del giudicare un prodotto prima ancora di averlo visto, in quanto
tutti siamo provetti critici dotati di un'onniscenza divina.
Sarcasmo
a parte, in questo caso anch'io devo andare a mettermi in ginocchio
sui ceci e implorare perdono, poiché dalle notizie diffuse sul film
assieme ad un alquanto equivoco trailer, avevo bollato questo film
come “la classica
americanata”
tutta patriottismo e boom boom boom. Forse non l'avrei neanche mai
visto in condizioni normali, ma si sa che per sfuggire allo studio
pre-esami lo studente medio venderebbe l'anima al diavolo e si
farebbe coinvolgere nelle cose più turpi – l'atroce senso di colpa
che ti assale dopo è paragonabile ai dolori del parto: nessuna madre
li ricorda chiaramente, altrimenti col cavolo che esisterebbero
fratelli e sorelle.
Ma,
come avrete capito dal mio sproloquio, mi sbagliavo. Anzi, dopo
essermi presa a schiaffi (La Ragione: Cattiva!
Hai ceduto al piccolo critico-bastardo-arrogante-onnisciente che c'è
in te! Dopo a casa facciamo i conti!),
ho deciso di scrivere questo post come mea-culpa ufficiale, e promemoria per non ricadere mai nel medesimo errore... E se la
vocina del critico-arrogante-bastardo-onnisciente dovesse
ricominciare a blaterarmi in testa, saprò cosa fare in futuro.
La
trama.
In parte ripreso da fatti veri e in parte romanzato, il film narra in
stile parzialmente documentaristico l'indagine che ha portato
all'esecuzione
del ricercato numero uno al mondo, Osama Bin Laden.
L'indagine è condotta, quasi al limite dell'ossessione,
dall'agente speciale della CIA Maya,
che darà la caccia al terrorista per dieci anni, sacrificando allo
scopo la sua vita privata e (opinione personale) parte della sua
umanità.
Il
commento.
Quali erano i miei dubbi sul film, prima della visione?
(Tutti
smentiti, ci tengo a precisare)
- E' un film basato su un fatto storico recente e molto discusso per la sua ambiguità (E' successo/non è successo? Quanta verità hanno detto e quanto hanno nascosto? E via dicendo, ma qui cercheremo di analizzare il film in sé e non discutere la veridicità della storia originale). Quasi sicuramente presenteranno una versione “edulcorata” e non obbiettiva dei fatti, qualcosa che compiaccia certe frange politiche americane e lo spirito nazionalista.
- E' un film fatto apposta per “cavalcare l'onda” del dibattito pubblico, e anche la candidatura come miglior film 2013 agli oscar a discapito di altre opere meritevoli è sospetta.
- Dal trailer sembra basarsi tutto sull'operazione militare in sé, quindi i protagonisti saranno i classici ragazzoni bellocci americani pieni di testosterone e patriottismo, che tra un'esplosione e una battuta figa prendono a calci il nemico.
Questo
dimostra come anche la mente di una persona di solito attenta e
aperta può essere piena di merda nel giusto contesto.
(Ripeto
però, a mia difesa, che quel trailer è davvero
ambiguo
e truffaldino!)
Fortunatamente
Kathryn
Bigelow,
premio oscar alla regia per The
Hurt Locker,
ha elegantemente spazzato via i miei dubbi.
Come
già detto, il film (diversamente da quanto si può dedurre dal
trailer), si occupa principalmente dell'indagine
che, con tutti i suoi pro e contro (e le limitazioni dovute dal fatto
che molte cose sono ancora coperte da segreto di stato), ha portato
alla missione di esecuzione di Bin Laden. Di due ore e mezzo di film,
solo l'ultima mezz'ora può essere considerata di “azione”, e non
nel modo classico di intendere la parola.
Zero
Dark Thirty
(nel gergo militare con questo termine si intende un'ora qualunque
compresa fra mezzanotte e le quattro del mattino, convenzionalmente
le ore più buie della notte) è un film profondamente autocritico,
e intriso di un'indicibile amarezza.
E'
un film americano, dunque lo spettatore si aspetta di trovarsi
davanti (anche considerato l'argomento) a massicce dosi di
patriottismo e orgoglio nazionale. E invece suddetto orgoglio manca
completamente, ed è anzi misto a un vago senso di disgusto
e vergogna,
lo stesso che la giovane Maya sperimenta davanti alle torture
inflitte
ai prigionieri per estorcere informazioni sul nascondiglio
dello sceicco del terrore.
"Fate il vostro dovere e portatemi qualcuno da uccidere!" La finezza del capo della CIA in Pakistan. |
Alcuni
si sono lamentati che tali torture sono trattate in modo blando: io
ribatto che, pur non essendo un documentario sui mezzi di tortura
impiegati dagli americani nei loro interrogatori ai terroristi, Zero
Dark Thirty fà
il suo sporco lavoro mostrando in quaranta minuti svariati metodi per
infliggere sofferenza alla gente. Dalla privazione del sonno per
giorni e giorni al waterboarding
(una forma di annegamento controllo), non viene risparmiato nulla.
Forse pochi riescono a comprendere uno dei grandi insegnamenti
lasciati dall'Inquisizione,
e cioé che “solo perché non c'è sangue non vuol dire che sia
privo di dolore”.
I
prigionieri (tutti colpevoli di qualcosa, ricordiamolo) vengono
privati dei più elementari diritti umani, umiliati e spezzati,
per estorcergli informazioni che potrebbero forse salvare delle vite o
portare al nascondiglio di Bin Laden.
Non c'è piacere da parte degli aguzzini nell'infliggere dolore: il
prigioniero è solo un “lavoro” necessario che qualcuno deve
fare. La stessa Maya, nauseata dalle torture, non si piega davanti
alle suppliche del prigioniero che si appella al suo lato umano (ben
conscia che egli stesso non ha risposto a quel medesimo appello
quando è stato il suo turno).
Ma
non c'è
orgoglio,
o soddisfazione, nell'umiliazione di un altro essere umano. Come
dimostra secondo me la fine del film (aperta comunque a più
interpretazioni), l'ossessione di Maya e la sua disumanizzazione in
nome “della giustizia”, lasciano solo un irreparabile vuoto,
sia personale che morale.
L'indagine
comunque prosegue, continuamente interrotta da false piste, sulle
orme di quelli che sembrano essere a tutti gli effetti dei fantasmi.
Vi sono sacrifici e morti da entrambe le parti, spesso passati in
silenzio o presto dimenticati dai media.
La
missione di eliminazione vera e propria (perché di questo si tratta,
non di un piano per la cattura di Bin Laden, ma di una esecuzione)
viene condotta da un gruppo di giovani soldati. Essi eseguono il
proprio compito, inizialmente increduli sulla natura della missione.
Bin Laden è ormai un mito, una leggenda che ha alimentato svariate
teorie e ipotesi negli anni.
Eppure
quando arriva il momento del confronto, muore senza mai essere
inquadrato direttamente, in modo quasi banale e assolutamente umano.
L'irruzione dentro la villa-rifugio che precede l'esecuzione è
svolta in un silenzio quasi assoluto, interrotto solo dai singhiozzi
spaventati delle sue mogli e dei suoi figli. L'intera scena è
dipinta in modo realistico, eppure dà un senso di irrealismo: i
soldati entrano, superano porte sbarrate, si appostano, sparano,
sparano una seconda volta ai corpi per sicurezza, e nei pochi istanti
loro concessi si fermano a riflettere increduli sulla realtà di
quello che hanno fatto. Non sul massacro (che è, a conti fatti, il
loro mestiere), ma
sull'aspetto incredibilmente umano di questa morte,
contrapposto all'indagine sterile e piena di dolore che l'ha
preceduta.
Nessuno
nel film, né americani né terroristi, è dipinto come “buono” o
“cattivo”, come un “eroe” o un “martire”: sono
semplicemente esseri umani che si scontrano, tutti in qualche misura
con le mani lorde di sangue, ma nessuno rispecchia l'etichetta di
“mostro” che sin troppo facilmente si cuce addosso alla gente
(persino quando è meritata). Nessuno è innocente, e nessuno alla
fine né esce vittorioso. La morte di Bin Laden era “necessaria”,
un dovuto “atto di giustizia”, ma non porta ad un lieto fine. E'
solo un tassello, uno fra i tanti, che compongono la storia.
Bravissima
Jessica
Chastain,
l'attrice che interpreta Maya: ha saputo dar vita ad un personaggio
complesso, forte e fragile al tempo stesso. E bravissima anche la
regista, che ha saputo sintetizzare lo “scontro” umano e morale
fra le due principali fazioni (occidente e musulmani integralisti) con
un'unica immagine: Maya coperta dal burka, e le classiche converse
americane che spuntano sotto.
Zero
Dark Thirty non
è un film facile da vedere, ed è aperto a molteplici
interpretazioni (questa sopra è molto personale, ed è solo una
delle tante). Il notevole peso politico che si porta dietro non deve
scoraggiare, e neanche l'infido trailer. Sicuramente è un film che ha tanto da dare, se solo gli si dà una chance.
L'ambiguo
trailer,
che
fa sembrare Zero
Dark Thirty
un film d'azione:
@Daniela
Guadagni, Dita
D'Inchiostro.
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ok ... 75% d'accordo(no glorificazione uccisione di osama, anzi...) però i prigionieri non erano "arabi". comunque ZDT era meglio (meno peggio- nel senso che dal trailer pareva dover essere qualcosa di 'epocale', e non semplicemente 'onesto') di Argo(filmetto) o delle altre balle
RispondiEliminaHai ragione, mi dev'essere sfuggito nella fretta di scrivere il post ma è inesatto. Provvedo subito a correggere :)
EliminaArgo è un pelo più "autoglorificante" di ZDT, però bisogna ammettere che hanno cercato di inserire anche le motivazioni dell'altra parte della barricata... Non moltissimo, però ci hanno provato. Rimangono comunque due film estremamente diversi dalle solite "americanate" propagandistiche.