mercoledì 6 febbraio 2013

La vera vita di Sebastian Knight: il primo romanzo in lingua inglese di Vladimir Nabokov.

L'infrangersi di un'onda non può spiegare tutto il mare, dalle sue fasi lunari fino al suo serpente; ma una pozzetta nell'incavo di una roccia e il nastro d'argento che scorre verso il Catai sono entrambi acqua.


Avrei voluto recensire "Il dono" (in originale russo il titolo è Dar) di Vladimir Nabokov da un bel pezzo, almeno da prima di Natale. Ma per una ragione o per l'altra ho trovato sempre complicata quella recensione. Nabokov è uno scrittore che ho scoperto "all'improvviso", come un fulmine a ciel sereno, e di cui ho fatto letteralmente bottino e rapina in libreria: nel giro di un mese ho comprato quasi tutto quello che è disponibile in libreria, compresa la biografia di Vèra Nabokov (la moglie, cui Nabokov ha dedicato moltissimi dei suoi romanzi), di Stacy Schiff, e la raccolta di saggi su Nabokov, a cura di Sebregondi e Porfiri. Non ho avuto tempo di cercare in giro per biblioteche. I due testi citati sono tutto quello che ho trovato disponibile nelle librerie, su questo romanziere e narratore che tocca, a mio avviso, gli apici di ciò che è possibile fare con una penna in mano (o almeno, sono gli unici due di "esterni" visto che Nabokov ci ha lasciato "Parla, ricordo", un'autobiografia scritta di suo pugno).
Sulla rete, intorno a Nabokov non si trova moltissimo in italiano, e anche navigando in inglese le informazioni che girano sono più o meno le stesse (segnalo un articolo su Sergej Nabokov, di Lev Grossman, importante per il romanzo che mi appresto a recensire).
Detto questo... Nabokov nasce a San Pietroburgo nel 1899, dalla Russia fugge, insieme alla famiglia, nel 1917, come direttissima conseguenza della Rivoluzione d'Ottobre; vive a Berlino tra il 1922 e il 1937, nel 1925 incontra Véra, che sposa, e da cui avrà un solo figlio, Dmitri, nel 1935. Nel 1940 si trasferiscono in America, paese che Nabokov non lascerà più e in cui scriverà il suo romanzo più famoso, "Lolita" (1955).

"La vera vita di Sebastian Knight" viene scritto tra il 1938 e il 1939, in condizioni assai provvisorie. Si tratta del primo libro di Nabokov scritto in inglese, la prima opera dopo quell' "addio" meraviglioso e malinconico costituito da "Il dono". Quest'ultimo era stato l'ultimo romanzo russo, un arrivederci fatto di mille sale e corridoi, intrecciati tra loro (romanzo di un esule, di un nobile, di un amante delle lettere del proprio Paese, romanzo fatto di romanzi ed eventi, legati tra loro in modo magistrale).

Tutti i romanzi di Nabokov hanno un elemento in comune, che è il molteplice, il richiamo. Cercando di prescindere dal gusto personale (che ammutolisce, lo ammetto, di fronte a ogni riga della pagina di Nabokov, ecco un'altra ragione per cui m'è stato difficile recensire "Il dono" che, più che un "romanzo", è una intera biblioteca di allusioni, rimandi, passioni e turbamenti dell'anima, sullo sfondo della Berlino aperta alle piccole comunità di immigrati russi dopo il 1917), parlo di Nabokov come di un esploratore dei sensi, un maestro del distacco e dell'ironia, che ride e scherza e accenna, scrive in controluce, si compiace delle ombre e dei riflessi.

In "La vera vita di Sebastian Knight" è all'opera una vera e propria macchina creatrice di nascondimenti, fraintendimenti, deviazioni, incomprensioni: Sebastian Knight è uno scrittore, che ha scritto dei romanzi, alla cui morte il fratellastro decide di ricostruire la sua vita, andando a caccia di indizi lontani. Un'odissea della scoperta che scende in vie sotterranee e che, invece di fidarsi dell'oscurità, cerca di aprirla a furia di illuminazioni maldestre e deformate dalla lente del pregiudizio.




"Zio" Oscar Wilde.
Il grande pregiudizio che è quello contro l'omosessualità. Perché Sebastian Knight è, come Sergej Nabokov, omosessuale (lo stesso nome Sebastian potrebbe non essere affatto casuale, è nota l'associazione storica tra San Sebastiano e gli omosessuali). Ora, non conosco abbastanza l'opera di Nabokov per esaminare criticamente l'assunto, ad esempio, dell'articolo sopra citato, ovvero l'omofobia di Nabokov. Da quel che ho letto finora, in realtà, mi sentirei di parlare di un atteggiamento ambivalente e in realtà molto complesso. Il modo in cui la vita di Sebastian Knight viene indagata e ricercata non è, propriamente, di scherno o di repulsa. Anzi, attraverso l'affannoso e inconcludente arzizagolare di V., emergono dei nodi misteriosi, piccoli enigmi, che non fanno trasparire repulsione di quel mondo sotterraneo e sfuggente, non solo per il povero V. (di lui non sappiamo né nome né cognome, come il protagonista de "Il castello" di Franz Kafka). Anzi, è proprio V., con i suoi preconcetti e il suo dare per scontato, a rappresentare in pieno un "negazionismo" che impedisce di arrivare a "toccare" Sebastian Knight. Le risposte e gli indizi a volte sono lì, così evidenti da essere banali e privi di interesse per questo ricercatore affannato e cieco, che più prova a stringere e più si ritrova il niente tra le dita.

Vladimir è quello sulla sinistra, Sergej quello
a destra (la foto è leggermente rovinata).
Mi sono appena resa conto di aver scritto già abbastanza, ma di non aver detto "niente" del libro. Oltretutto, molti discorsi li ho aperti ma non sono riuscita a chiuderli. In effetti, anche avendo una conoscenza dell'opera di Nabokov molto superiore a quella attuale, non me la sentirei proprio di chiudere un bel niente.
Parlo di Nabokov ma, in realtà, parlo della complessità estrema dei suoi romanzi, che sono difficili da assimilare.
Sfogliando oziosamente qui e lì recensioni varie, anche laddove ho visto pareri negativi era frequente che, comunque, il lettore avesse finito di leggere un romanzo di Nabokov, non lo avesse messo da parte. In effetti lo stile è estremamente raffinato ma non risulta mai pesante, e si ha costantemente l'impressione che nella pagine successive debba succedere qualcosa di straordinario.
Anche dove ti domandi "ma come diamine riesce a tenermi incollata da dieci pagine su un argomento che non c'entra niente con il resto del romanzo?", continui a leggere perché la prova nabokoviana è una foresta incantata che non deve arrivare per forza a una conclusione, dove il tempo è un eterno presente, anche nella consapevolezza che tutto decade e sparisce e si fraintende e lotta contro un oblio, trasformandosi in altro, rincorrendosi, creandosi nel momento stesso in cui lo si pensa e sente.

Spesso non si ha l'impressione di "andare avanti" nella lettura, perché la continuità romanzesca viene usata da Nabokov per andare avanti e indietro, e la ricerca del passato si intreccia al presente e non c'è mai un solo piano di narrazione. Il viaggio di V. alla ricerca del fratello perduto viene raccontato in un secondo momento, riassunto, documentato e cucito unendo momenti diversi, si appella all'infanzia vissuta insieme, va a caccia dei resti dei ricordi di chi ha conosciuto Sebastian, e i ricordi di tutti sono, appunto, ricordi, e le persone che  fantasmi dei personaggi che appaiono negli stralci di trama dei romanzi di Sebastian (chiamiamoli "stralci", ma solo quelli valgono oro, un autentico scorcio su romanzi e trame che morirei dalla voglia di leggere).

Sappiamo che Sebastian Knight ha frequentato Cambridge, che ha viaggiato molto e che ha scritto. Ha amato. Ha chiesto al fratello di distruggere le sue lettere, e V. lo ha fatto, senza spiarle (per poi pentirsene amaramente), a parte un brandello di carta, fluttuante sul fuoco, che ha rivelato una grafia russa e che V. scambia per la calligrafia di un'amante di Sebastian. Ma è chiarissimo da moltissimi indizi, che V. non coglie, che Sebastian fosse omosessuale, e il segreto di quel grande amore rimane nascosto per sempre.

Come non percepire, in questo romanzo, tutto l'affetto di un fratello per il fratello che non è stato in grado di comprendere prima? Quel fratello morto tremendamente nei campi di concentramento in quanto omosessuale? "Come avevamo potuto perderci di vista? Perché ero sempre stato così sciocco e scontroso, e così schivo durante i nostri brevi incontri a Parigi?", si chiede V. in un momento essenziale del romanzo, abbastanza tardivamente, dopo aver ignorato l'ultima richiesta e pasticciato con gli indirizzi, incapace, in modo tragico e comico, di raggiungere Sebastian prima che fosse troppo tardi, ma capacissimo di fraintendere ancora e ancora e sbagliarsi e mancarlo. La grazia di Nabokov nell'intrecciare diversi registri, nel rendere tremenda e ironica una situazione, nello stesso tempo, lascia il lettore con molte domande: plausibile che V. e Sebastian Knight, addirittura, siano stati la stessa persona, che Sebastian si sia divertito a mescolare le carte, e al lettore resta un'incertezza che appaga, che fa sorridere, perché abbraccia la complessità della vita reale con la caparbietà e la sottigliezza di un gioco di scacchi. Nel quale nessuno vince o perde, e la partita vale per se stessa.


All'improvviso, senza nessun motivo particolare, provai un'immensa compassione per lui e una gran voglia di dirgli qualcosa di reale, qualcosa che avesse un cuore e due ali, ma gli uccelli che desideravo mi si posarono sulle spalle e sul capo solo più tardi, quando ormai ero solo e non avevo più bisogno di parole.


@ Carla Righetti per Dita d'Inchiostro.

Titolo: La vera vita di Sebastian Knight
Autore: Vladimir Nabokov.
Prezzo: 17,00 €..



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