mercoledì 25 luglio 2012

Colori proibiti: per la bellezza si uccide e, sopratutto, si muore.


La vera bellezza impone il silenzio (...). All'epoca in cui questa credenza non era ancora stata superata, il campo d'azione della critiva veniva automaticamente definito. Essa veniva relegata all'imitazione della bellezza (...). In altre parole, come la stessa bellezza, la critica aveva lo scopo finale di imporre il silenzio (...). Poi, l'effetto del silenzio in quanto risultato della critica deve necessariamente provocare l'allucinazione, ora, che la bellezza sia esistita senza ombra di dubbio in questo luogo. Per così dire, occorreva creare uno spazio che sostituisse il posto occupato dalla bellezza. Solo lì, per la prima volta la critica poteva contribuire alla creazione.


Colori proibiti : in giapponese 禁色, Kinjiki. Il primo kanji significa "proibiti" e il secondo "piaceri erotici" o, in alternativa, "colori". Dopo le Confessioni di una maschera, primo romanzo pubblicato da Mishima, ecco qui una storia fitta di sfumature dello spirito e di incontri clandestini, tra locali "di genere", parchi per incontri fugaci, ville di lusso per feste private, in cui uno dei protagonisti del romanzo si muove, conducendo una seconda vita rispetto a quella che tutti credono sia la sua unica possibile esistenza. Senza mezzi termini, Mishima offre uno spaccato della società omosessuale della prima metà del Novecento, laddove con Confessioni di una maschera si era fermato alla presa di coscienza, da parte del protagonista (romanzo parzialmente autoviografico), della natura dei propri desideri.
Si può dire quindi che con Kinjiki Mishima intenda andare al di là della prima consapevolezza, costruendo un intreccio su più livelli e dando anche voce ad alcune sue considerazioni sulla vita e sull'arte, che erano andate maturando in quel periodo grazie ai contatti con il grande romanziere Yasunari Kawabata (in questa recensione seguiremo l'uso occidentale per i nomi, dunque prima il nome poi il cognome).
Ispirandosi al romanzo di Mishima, Tatsumi Hijikata presentò in un festival del 1959 il primo spettacolo del suo movimento d'avanguardia, il butoh, intitolandolo proprio Kinjiki. Lo spettacolo risultò così osceno per la platea che ne venne interrotta l'esecuzione, ma noi riprendiamo questo spirito di avanguardia, espressione e purezza dei movimenti, utilizzandone le immagini per la presente recensione (oltre a ricorrere ad alcuni scatti fatti da Barakei, il libro fotografico del 1962 realizzato da Heiko Hosoe).


Kinjiki è, per l'esattezza, il terzo romanzo pubblicato da Yukio Mishima, dopo Confessioni di una maschera (1949) e Sete d'amore (1950). Il nome di nascita dell'autore era, invero, Kimitake Hiraoka: un giovane uomo uscito dall'Università Imperiale di Tokyo nel 1947, dopo una carriera di studi all'insegna dei massimi risultati, al punto da ottenere un posto come funzionario nel Ministero delle Finanze. Si dimise dal prestigioso posto di lavoro durante il primo anno, in conseguenza di un forte esaurimento dovuto a una doppia vita.
Di giorno, infatti, Hiraoka studiava legge.
Di notte, scriveva.
Una "brutta abitudine" che il ragazzo aveva portato avanti sin da quando aveva dodici anni (partecipando anche alle diverse attività letterarie degli istituti). Nel 1946 era avvenuto il primo incontro con il grande scrittore Yasunari Kawabata, Pubblicato tra il 1951 e il 1953, in due volumi. Nel 1952 Mishima aveva fatto un viaggio in Europa, con un soggiorno a Parigi e in Grecia, e all'interno del libro ci sono alcuni riferimenti all'ideale di bellezza greco, in particolare la bellezza virile ed etica fortemente sentita ed esaltata da Sparta.

"Poichè la moralità antica era semplice e vigorosa, la nobiltà era sempre al fianco della raffinatezza e il ridicolo al fianco della volgarità. Oggi, invece, la moralità si è staccata dall'estetica. A causa di meschini principi borghesi, essa si è schierata con la banalità e con il minimo comun denominatore. La bellezza è divenuta una forma di esagerazione, superata, ormai è o nobile o ridicola. Di questi tempi le due cose hanno semplicemente lo stesso significato. In ogni caso, come ho già detto prima, un immorale pseudomodernismo e un immorale pseudoumanesimo hanno propagato l'eresia della venerazione degli umani difetti"

L'appropriazione di un paradigma occidentale, in Mishima, in questo caso è funzionale a scolpire, in modo plastico, la figura fisica del giovane protagonista, ma non manca affatto di ricordare, correttamente in questo caso greco, che la bellezza andava di pari passi a un'etica (in greco il termine è kalokagathia, ovvero "bellezza e virtù"). Il lettore si trova di fronte, dunque, a elementi ben noti della cultura occidentale, così come immerso in una trama che ha tutto il sapore di una conoscenza approfondita dell'Occidente da parte di Mishima.
Il plot è diabolico, come per il tardo Romanticismo e il Decadentismo europeo, in particolare francese. Un uomo anziano propone a un giovane ragazzo un piano per far soffrire le donne che l'uomo più grande gli indicherà, farle soffrire profondamente per vendetta. Tutto il romanzo vive di queste intenzioni dell'anziano e delle mosse del ragazzo, che dapprima ubbidiente cercherà sempre di più una via propria, di liberazione ed espressione della sua omosessualità, attraverso una doppia vita, e di emancipazione dalla guida dell'adulto che lo ha spinto verso una via di crudeltà.
La ricerca della perfezione è ossessiva nell'anziano, mentre il ragazzo non deve cercarla perchè la possiede. Manca però della consapevolezza di possederla, e questo richiederà tutte le relazioni che intreccerà, con le donne e con gli uomini, e chissà se questo da solo basterà.

Il romanzo scorre in modo chiaro tra profondi mulinelli. Mishima mostra una padronanza raffinatissima di trama e intreccio, concentra l'energia straripante delle passioni umane in modo netto e mai unilaterale. Se volessimo ridurlo a dei "temi", potremmo elencare: giovinezza e vecchiaia, vita e arte, uomo e donna, natura e spirito, umanità e non umanità, il ruolo e la codificazione sociale, il Giappone prima e dopo la modernizzazione, umanità e divinità (da intendersi come ciò che supera il semplicemente umano, per una qualche caratteristica).

"Tu pensi di essere in grado di amare spiritualmente le donne, ma è una menzogna. Nessun essere umano è in grado di mettere in atto un sotterfugio tanto abile. Tu non sai amare le donne nè carnalmente nè spiritualmente. Regnerai su di loro allo stesso modo in cui la bellezza della natura regna sull'umanità, e cioè grazie alla totale assenza di spirito". (Shunsuke a Yuichi)

La trama, in breve, è la seguente: Yasuko Sagawa frequenta il vecchio scrittore Shunsuke Hinoki, senza esserne innamorata; il suo cuore è legato a quello di Yuichi Minami, un ragazzo di estrema bellezza che, a insaputa della giovane, è invece omosessuale. Shunsuke segue Yasuko in una località marina, la trova in compagnia di Yuichi che, la sera stessa in albergo, cerca un aiuto nell'uomo anziano confessandogli di non amare Yasuko, di avere gusti omosessuali, cercando quindi un consiglio su come uscire da quella situazione.
Shunsuke, per tutta risposta, gli offre un prestito in denaro e la propria assistenza se Yuichi acconsentirà a seguire il suo piano. Yuichi ha una madre molto malata (la vedova Minami), finanze provvisorie e una incoscienza di fondo delle proprie potenzialità e della propria bellezza. Shunsuke riesce a conquistare la sua fiducia quel tanto che basta per siglare il patto. Così Yuichi si sposa, con Yasuko che crede d'aver coronato ogni sogno di felicità. Shunsuke però non vuole vendicarsi solo di Yasuko, ma anche di altre donne: in primis la signora Kaburagi (moglie di un Conte) e la bella e giovane Kyoko.
Yuichi si avvicina, nel frattempo, alla società degli omosessuali, una società segreta con i suoi codici e i suoi costumi (e un suo luogo di ritrovo, il caffé Redon), si lascia trasportare dai vortici delle relazioni estemporanee, danzando tra questa vita sommersa, i suoi doveri di marito e le relazioni clandestine con le altre due donne, finendo anche per scoprire che il marito di una delle due è come lui. Le scene sociali e intime si susseguono, mai scontate, ben scandite. Yuichi cresce e cerca la propria autonomia, ma nulla varrà a liberarlo dal destino che si porta dentro. L'ultimo atto starà a Shunsuke, che trova in Yuichi il completamento (e dunque la perfezione) della propria opera e dunque, di riflesso, di tutta la propria esistenza.

Infatti, quando aveva visto Yuichi, aveva deciso di mettere un piede nella bara pur continuando a vivere nella vita reale. Se, mentre si dedicava a creare un'opera, poteva vedere il mondo con tanta chiarezza e l'umanità con tanta precisione, era solo e soltanto perchè, in quegli stessi istanti, egli era morto. (...) Come all'interno di una sua opera, Shunsuke aveva messo a dimora il suo spirito nel corpo di Yuichi ed era fermamente risoluto a guarire da quelle cupe gelosie e quei rancori.

Shunsuke Hinoki. È uno scrittore di grandissima fama, all'apice della sua carriera, adulato (e quindi niente affatto compreso) dai critici, ricco e pienamente affermato nella società letteraria giapponese. Ha sessantasei anni, tre matrimoni miseramente falliti alle spalle e una vita passata ad amare non ricambiato le donne, per via della sua bruttezza. Un uomo che considera lo "spirito" sopra ogni cosa, che non ha voluto sposare donne in grado di comprenderlo in quanto attratto solo dall'estrema bellessa femminile, rappresentazione pura della natura che lui, in quanto spirito, non poteva non ricercare. In un certo senso, dunque, un uomo prigioniero di un aspetto orribile e di una concezione della vita e dell'arte cui ha sacrificato ogni cosa, un personaggio che, inizialmente, agisce per rancore e con calcolo.
Ma non un personaggio spregevole.
Nonostante sia lui a pianificare la distruzione dei sentimenti e delle vite di tre donne, nell'insieme di tutti gli eventi del romanzo si mostra crudele e vulnerabile al tempo stesso (fragilità interiore di cui non c'è traccia in Yuichi). Le idee che lo guidano, che sono parte della sua essenza al punto che non sapremmo immaginarlo senza di esse, fanno di lui un uomo estremamente sensibile, ormai plasmato da tutti gli eventi della sua esistenza, sensibile e conoscitore del cuore delle persone e non disposto a concedere loro niente. La sua prima moglie è stata una ladra, la seconda una pazza, la terza una infedele, ninfomane, che si è suicidata col proprio amante per annegamento. Shunsuke, rimasto da solo col cadavere della donna bellissima ora ridotta a un corpo gonfio e irriconoscibile, preme una maschera del no sul viso turgido, che si scompone "come un frutto troppo maturo". (Per inciso, come non ricordare un bellissimo racconto di Kawabata, La maschera mortuaria, che parla proprio di una maschera funebre sul viso di una donna amata da tantissimi uomini e ora restituita all'anonimato con una maschera senza bellezza?).
Questo passaggio rappresenta bene tutta l'opera artistica di Shunsuke, che nei propri romanzi ha infuso tutto quello che lui non sente, al punto da essere dichiarato, da alcuni critici, femminista, lui che odia le donne! Per compensare queste omissioni, tiene un diario in cui scrive in francese, tutto quello che lo ossessiona, lo ferisce, che sente.
La summa del suo rapporto con Yuichi, espresso dallo scrittore stesso, è questa:

Bando Tamasaburo, un Onnagata.
"Lo spirito e il corpo non riescono in nessun modo a dialogare. Lo spirito può soltanto chiedere. Non può mai ottenere una risposta, all'infuori di un'eco. (...) Lì ci sei tu, bella natura. Qui ci sono io, brutto spirito. (...) L'amore non nasce che dalla disperazione. La natura contro lo spirito: l'amore è un moto dello spirito verso una cosa come questa tanto difficile da comprendere".

Yuichi Minami. Il bellissimo giovane in grado di far impazzire donne e uomini per la sua bellezza. Ha ventidue anni. Di lui abbiamo già accennato, e pensiamo che non ci sia altro modo, per chi legge queste righe, che gustare da sé la figura di questo giovane che scopre l'indifferenza, la crudeltà, il distacco. Attraversa le prove delle relazioni con le donne (che ora rifiuta nel profondo, ora si convince addirittura di amare!), delle relazioni fugaci con altri omosessuali, come pietre di inciampo su un cammino segnato da altre essenze. Narcisista (ricorda il protagonista de La decomposizione dell'angelo, ultimo libro della Tetralogia di Mishima), terribile, viene iniziato da Shunsuke su una strada che, se porterà l'anziano scrittore alla pienezza e alla massima espressione, condurrà Yuichi a essere più un angelo della morte che una creatura di questo mondo. Ma cos'è questo mondo?
Non è forse esso stesso ipocrita e crudele?
Non cerca forse ciascuno la propria felicità andando incontro alle proprie illusioni?
Se queste sono domande che Yuichi non si cura neanche di porre, a conti fatti, chiudendo il romanzo ed, eventualmente, rileggendolo (e si lascia rileggere molto volentieri), Mishima già ci mette di fronte alla sensazione di vuoto, dietro a tutte le gioie e le sofferenze dell'uomo. Yuichi è una divinità che non può non comportarsi in un certo modo, nei confronti degli altri, e in ultima battuta si tratta di una lotta tra lui e Shunsuke. Perchè Yuichi verrà portato agli estremi, dall'anziano romanziere, che lo spinge ad accettare la gravidanza della moglie, cosa che orripila Yuichi. E Yuichi cercherà, senza rancore (non si muove per impulsi e passioni violente), il modo di ritorcere contro l'uomo tutta quella cattiveria, di catturare e distruggere anche lui, soprattutto lui. Così come ha spezzato il cuore a un ragazzo che gli chiede di scappare insieme, lontano, con freddezza, perchè costui, riflette Yuichi, "sogna la tranquillità, come le donne. (...) Ah! Se almeno quest'idiota avesse avuto il coraggio di uccidere il padrino! Se lo avesse fatto, mi sarei inginocchiato ai suoi piedi".

Yasuko Segawa. Diciannovenne, è lei a portare Shunsuke a conoscere Yuichi. L'anziano scrittore la considera "una giovane donna in grado di leggere un romanzo semplicemente come una 'storia' ". Sposerà Yuichi, sarà dapprima tormentata dalla paura che suo marito possa avere altre donne nella propria vita, si convincerà poi della sua purezza, per venire tragicamente smentita dagli eventi. Resterà incinta di lui, cercherà di trattenerlo con questo, sperando di poter mettere al mondo un figlio maschio che gli somigli. Arriverà all'abnegazione massima pur di salvare il loro legame, pur di credere nel marito, e riuscirà ad affrontare la scoperta della sua omosessualità, causata da una lettera anonima, appena prima di ricevere una rivelazione diversa, e ben peggiore, per bocca di qualcuno che, con altrettanto spirito di sacrificio, è corso in aiuto di Yuichi per salvarne la faccia di fronte a moglie e madre. Yasuko è la donna che matura soffrendo, Mishima ce la mostra ogni tanto, e questo basta per caratterizzarla nella sua dolcezza e nel suo amore non corrisposto per il marito. Yasuko è cieca di fronte alla vera natura di Yuichi, e questo non può che trascinarla in un baratro di sofferenza destinato a non avere cura.

Andiamo infine (trascurandone alcuni interessanti ma secondari) a due personaggi di ben diverso stile, che terranno molta scena e costituiranno il nerbo della seconda parte del romanzo, ovvero i coniugi Kaburagi.

Erano le maniere in uso a corte quando si compie un atto spietato prendendo a prestito la forza che deriva dall'innocenza innata della canaglia appartenente all'aristocrazia e da una terribile indifferenza nei confronti degli altri. La famiglia Kaburagi apparteneva all'alta nobiltà di corte.

La signora Kaburagi e il Conte Kaburagi. Il loro è un matrimonio basato sulla complicità, senza rapporti sessuali: il Conte sfrutta la bellezza della moglie per attirare amanti ingenui, da ricattare. Insieme conducono una vita di coppia fatta di socialità e belle apparenze, finché qualcosa di ben più profondo riuscirà a unirli. Il loro destino comune sarà, infatti, quello di innamorarsi del giovane Yuichi: la signora Kaburagi finisce nella rete di Shunsuke, il conte incontra Yuichi durante una festa privata del loro ambiente. La signora Kaburagi si innamora veramente di Yuichi, fino a scoprire la verità, in modo molto banale ma anche tragico. A differenza dell'altra amante, Kyoko, è una donna matura capace di sentimenti profondi, una donna di mondo con il suo bagaglio di sofferenze, fiera e intelligente, ancora bella nonostante non più giovanissima.

Kinjiki fa del lettore uno spettatore. Si leggono in sequenza parola stampate in nero su una pagina bianca, si dimentica completamente il bianco, resta solo lo scorrere delle parole sul vuoto di una nostalgia appena profumata di incenso, si scopre che nel nero sono trattenuti tutti i colori e che, in realtà, si è immersi in acque bollenti delle terme, tra vapori di sogno. Si cerca la realtà delle proprie mani ed ecco, nei palmi, le lunghe e dense striature di qualcosa che lo scrittore ha suggerito, inserito di nascosto, avvolto con cura e celebrato con la delicatezza di antichi misteri. Le forme in questo romanzo sono molteplici, e in alcuni punti esso non è semplicemente un romanzo: proprio laddove vengono dichiarate le "pedanti" considerazioni di un vecchio scrittore inacidito dai fallimenti, in opposizione alla sacra e crudele innocenza della giovinezza, si ritrovano echi di questioni che toccavano l'autore nel profondo. Due poli che non dialogano (non c'è parità tra loro, c'è la distanza incolmabile tra spirito e natura) e che sono a loro volta, più che fini nascosti di una narrazione scelta ad hoc, attori di un dramma la cui soluzione è questione di vita o di morte.

Riteneva che l'opera d'arte contenesse la duplicità dell'esistenza. (...) Nel momento in cui viene a contatto con un'opera antica, sia che si tratti di un'arte spaziale o temporale, la nostra vita, prigioniera dello spazio e del tempo contenuto in questa opera, si ferma o abbandona la parte della vita presente che non riguardi quella dell'opera d'arte. Viviamo un'altra vita, ma il tempo interiore che consumiamo a vivere questa seconda vita è già stato ponderato e risolto. È ciò che noi chiamiamo forma. (...) Se non che, in generale, nelle esperienze e nelle influenze della vita la forma è assente. (...) Però, nelle esperienze della vita reale c'è un'unica cosa che davvero si avvicina all'esperienza interiore procurata dall'opera. Cosa potrà mai essere? È l'emozione causata dalla morte. (...) In Oriente, la morte è decisamente più vitale della vita. L'opera d'arte, così come veniva intesa da Shunsuke. Era una sorta di morte sublime, l'unica forza che permette alla vita di sperimentare la trascendenza. (...) Provare lo spirito attraverso l'assenza di spirito, provare l'idea attraverso l'assenza di idee, provare la vita attraverso l'assenza di vita. Questa era la paradossale missione dell'arte. Come conseguenza, era anche la missione e il carattere della bellezza.

"La bellezza è la natura che è negli esseri umani, la natura posta sotto la condizione umana. È la bellezza che controlla nel modo più profondo gli esseri umani, essendo tra gli esseri umani, opponendosi agli esseri umani...

... A causa della bellezza, lo spirito non conosce un momento di pace..."








Titolo: Colori Proibiti.
Autore: Yukio Mishima.
Editore: Feltrinelli.
Pagine: 479
Prezzo: 14,00.
Note: La traduzione è dal Giapponese. Il libro è corredato da un apparato di note puntualissime, che spiegano alcuni riferimenti ad opere e scrittori europei e giapponesi citati nel testo. Conclude un Glossario dei termini giapponesi lasciati in originali all'interno della traduzione.

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...