mercoledì 11 luglio 2012

La cerimonia del té: di gusto impeccabile, semplice, arcaico godimento puro della vita

Okakura Kakuzo, intellettuale (militante) giapponese dell'era Meiji, pubblica Il libro del té (The Book of Tea) a New York, nel 1906.
Si tratta di un testo offerto al lettore: come un tè molto denso, ricco di sfumature, carico di tutta l'abilità di generazioni di uomini e della sensibilità individuale del Maestro.

Iniziamo con un piccolo libro, così particolare, la nostra serie di recensioni dedicate al Giappone (sezione che chiamiamo Ōyashima, 'Grande Terra dalle molte isole', nome poetico e mitico del Giappone), sia attraverso i romanzi che la saggistica.

Scegliamo di partire da qui perchè si tratta di un primo passo (ideale, a nostro avviso) in alcune atmosfere, essenziali per cogliere pienamente lo spirito della penna giapponese. 


Il libro del tè presenta la Cerimonia del tè, così come era praticata, vissuta, venerata nel Giappone della tradizione.
Chanoyu: via di realizzazione, estetica ed esistenziale.


"Da noi il tè divenne più che una idealizzazione della forma del bere una vera religione dell'arte della vita"



Un testo prezioso, poco adatto ai semplici appassionati di orientalismi di facile digestione. Il libro infatti non lascia spazio a fraintendimenti: non è propaganda, non è profumo affogato nell'acqua. Dentro c'è tutto l'amore per il proprio Paese, da parte di un uomo di cultura intransigente ed esigente. Un amore che se si permette delle critiche all'Occidente è, soprattutto, perchè intende difendere il Giappone dagli stessi giapponesi che vorrebbero svendere completamente il loro mondo, a favore di un altro. Se Okakura insomma viene meno all'eleganza orientale, che preferisce prendere le cose dai lati e in modo indiretto, è perchè il suo testo si assume il compito di prendere una posizione.
Si era nei primi anni del Novecento e i cambiamenti avevano già sconvolto profondamente molti aspetti della vita quotidiana in Giappone.

Dopo aver vissuto personalmente in Occidente, dopo aver a lungo studiato le sue teorie e letterature, Okakura vedeva coi propri occhi la ferita drammatica, nella vita culturale e mentale del Giappone, inferta dai cambiamenti successivi al venir meno del sakoku (isolamento completo del Giappone dal resto del mondo, 1633-1853).
Come lettori, si è chiamati a coltivare un approccio attento, di fronte all'esposizione dei presupposti religiosi, filosofici, psicologici del Chanoyu, e dei suoi componenti umani e materiali. Si stia in guardia, insomma, dalle troppo facili assimilazioni, ci si assuma il piacere di una lettura simile con coscienza della difficoltà, con voglia di lasciarsi toccare dall'argomento.

Non invano infatti l'autore stesso nota che i giapponesi, di fronte all'Occidente, si sono posti come studenti e studiosi attenti di paradigmi mentali così differenti dai loro (noi pensiamo, per inciso, alla scuola filosofica di Kyoto), mentre gli occidentali in Giappone si sono posti con scherno, senso di superiorità, quasi mai rispetto. Al di là del complesso discorso della situazione storica dell'estremo oriente e delle trasformazioni del Giappone moderno, cogliamo il rimprovero di Okakura, che oggi sarebbe forse ancora più aspro di fronte ad eclettismi troppo rapidi e filosofemi a buon mercato.

La chiarezza dell'esposizione, la brevità del testo, non inganni dunque un lettore alla ricerca di facili stranezze in salsa d'Oriente.
Incoraggi invece il lettore che cerca un approccio serio e consapevole al vivere giapponese.

Il libro del tè mostra i sentimenti più intimi e filosofici di un modo di pensare, comportarsi, vivere. All'interno del testo si discute del pensar-praticare del Taoismo, dello Zen, fino a parlare di Teaism (in italiano teismo), traduzione inglese dell'espressione giapponese Chadao ("cha" il termine giapponese per "té" e "dao" per "via").
Cos'è il Teismo? Ascoltiamo le parole di Okakura:

"Perchè il Teismo è l'arte di nascondere la bellezza affinchè altri la possano scoprire e di suggerire quello che non si vuole rivelare. Il Teismo è il nobile segreto di saper sorridere interiormente, quietamente e quindi è l'essenza dell'umorismo stesso, il sorriso del filosofo."

In due frasi vengono accostate due sensibilità: nella prima, un riferimento al modo di fare orientale, indiretto, allusivo; nella seconda, un dichiarato appello alla filosofia occidentale, spogliata – naturalmente – di qualunque dimensione teoretica e colta nel suo aspetto sapienziale, più che sistematico. Non si tratta di una contraddizione in Okakura, o di un sincretismo inconsapevole. Infatti, lo stesso Okakura, trattando della storia del tè, fa notare che è nel segno del tè che Oriente e Occidente hanno trovato un elemento in comune: l'amore per il tè è l'unica cosa che, all'epoca di Okakura, fosse concretamente penetrata fino al sordo Occidente. Perché sulla base di un qualcosa di condiviso non si dovrebbe riconoscere una complementarità?
Parlando del Chanoyu, Okakura era consapevole di offrire agli Occidentali la visione di un'Arte della Vita, ben diversa dall'Arte della Morte giapponese, che in Occidente era rappresentata dalla rappresentazione del samurai. Un'affermazione non del tutto corretta, sicuramente, e contestabile (l'Hagakure è anche un libro del saper vivere fino in fondo l'esistenza), ma si deve anche ricordare che Okakura era di fronte a contingenze storiche: l'imprecisione e l'eccessivo contrasto di alcune posizioni sono motivati dagli interlocutori, nonché dall'obiettivo di Okakura, che era quello di ridestare l'orgoglio per le proprie tradizioni. E, in questo caso, Okakura cerca di mostrare all'Occidente un lato del suo Paese che, con la modernizzazione del Giappone, passava brutalmente in secondo piano.
A seguito di questa difesa dell'armonia e della pace, Okakura ricorda anche che le spade, simbolo dell'anima guerriera, venivano separate dai loro padroni e lasciate fuori nell'ingresso della sala da té.

Per dischiudersi al senso del Chanoyu non possiamo che seguire, blandamente (al lettore il piacere della lettura) l'ordine di Okakura.

Riguardo alle dottrine e alla spiritualità che ha ispirato la Cerimonia del té, si parte dal Taoismo cinese, si termina allo Zen. Si segue così uno sviluppo storico, soffermandosi sugli aspetti essenziali di queste scuole, esponendo con grande fascino e semplicità l'ispirazione che le guida. Senza lo zen, non sarebbe immaginabile il chadao così come è conosciuto oggi (parleremo più avanti del suo grande riformatore del XVI secolo, che era un monaco zen appunto).
Tra le prime frasi di apertura troviamo subito la cifra che ha destato l'attenzione e gli sforzi di Okakura, riversati nell'esposizione, all'Occidente, di qualcosa come il chadao:

"La filosofia del tè non è un banale estetismo, almeno nell'accezione in cui usiamo comunemente questo termine, poiché essa ci aiuta a esprimere, insieme all'etica e alla religione, il nostro modo di vedere l'uomo e la natura".

 Il Buddhismo Ch'an (in Cina trasposizione del termine dhyana indiano), che in Giappone si traduce a sua volta in Zen, assieme al Taoismo sono le correnti che hanno tessuto lo sfondo teorico pratico al Chanoyu, che l'hanno portato a essere tale quale era ancora vivo ai tempi di Okakura. Si tratta di vere e proprie espressioni speculative capaci di plasmare ogni aspetti del reale, del quotidiano. L'attenzione alla vita di tutti i giorni era una caratteristica tanto del taoismo quando del buddhismo cinese, portatori di una forma mentis molto distante da quella del lettore moderno occidentale.
Per noi, attualmente, l'importanza di questo libro è nella possibilità di scoprire un rito così altamente codificato che incarna appieno quei movimenti che hanno scolpito il volto sorridente e sereno di un Oriente, oggi più che mai, vicino e lontano.

Seguono capitoli dedicati alla Stanza del tè, alla figura del Maestro del tè, alla sua sapienza letteraria, naturalistica. Perchè sia attraverso la sistemazione dei fiori all'interno della Stanza del tè, sia attraverso l'esposizione di una scrittura o di un dipinto nel tokonomo, il Maestro del tè suona la musica dell'arte, in modo che niente sia eccessivo, che tutto segua il corso della natura: il giardino, che conduce alla stanza, viene spazzato pochi minuti prima dell'arrivo degli ospiti e cosparso di foglie o altri elementi. La pulizia è meticolosa e intransigente, eppure l'ultimo tocco è quello che rimanda alla natura. La cultura è fortemente presente nei rotoli dipinti e negli strumenti utilizzati dal Maestro, spesso opere rare di enorme valore e pregio, verso le quali è prevista l'espressione di ammirazione secondo formule e modi formalizzati.
Il rapporto con l'ambiente e con gli oggetti è talmente profondo da essere vitale. E così come la materia passa ed è in continua trasformazione, la filosofia è quella del lasciar andare, del contemplare la caducità della vita, di ottenere una serenità che non può essere turbata. Semplicità. Purezza. Il gusto per l'istante, il singolare.

Attorno al tè si sono coagulate raffinatezza, armonia, naturalezza, per opera dello zen, che ha impregnato profondamente la saggezza di un approccio umano e non passionale:

"Si serve l'umanità umilmente, attuando con misericordia la propria presenza in questo mondo e osservando la propria fine come un petalo che cada da un fiore. Sereni, si gode la vita in beata tranquillità".

Negli spazi di un giardino, di una stanza di quattro tatami e mezzo (ogni tatami misura 182.88 cm x 91.44), in un rito che può durare fino a 4 ore, l'ospite e gli invitati partecipano a una comunione profondamente umana. Okakura presenta il Chanoyu come occasione di un contatto autentico tra le persone, anche se la cerimonia viene officiata quasi completamente in silenzio, per non disturbare l'atmosfera raccolta.

Due elementi risultano particolarmente interessanti, nell'esposizione di Okakura. Il Chanoyu viene infatti presentato, a più riprese, come occasione di superamento della divisione sociale, di fronte alla pura contemplazione della bellezza, nonchè come occasione di espressione dei gusti individuali del Maestro e dei suoi ospiti. L'attenzione al presente, ai dettagli, al concreto, infatti comporta che la scelta delle opere da mostrare, l'arredamento (scarno e mai stabile all'interno della Stanza), sia a discrezione del gusto del Maestro. Okakura critica l'ammirazione inconsapevole e ipocrita tanto di ciò che ha la patina dell'antico, quanto di ciò che è ammirato dalle maggioranze.
La Stanza viene costruita e creata dal Maestro perchè è per lui che essa esiste, al suo gusto risponde.

Riguardo alla figura del Maestro del té, viene narrata la vicenda di Sen no Rikyū, monaco zen che con la sua vita e con la sua morte fu testimonianza di quella serenità e vita nella bellezza che, secondo Okakura, il Chanoyu in generale infuse all'interno dello spirito giapponese (non a caso Rikyū fu il grande riformatore del Chanoyu).

Immagine tratta da
Hime-tachi no Sengoku
(sceneggiato)
Rikyū fu il Maestro del tè di personaggi come Oda Nobunaga e Toyotomi Hideyoshi, importante ruolo che gli costò la vita.
Le cause che portarono al seppuku di Rikyū sono legate, secondo Okakura, alla fermezza con cui il Maestro del té si sarebbe opposto verbalmente ad alcune decisioni del daimyō Hideyoshi.
[Di fatto, Hideyoshi aveva unificato il Giappone e iniziato una serie di riforme culturali, nonché una guerra di invasione della Corea. Le cause dei dissidi tra i due uomini sono state indagate a fondo dagli storici, ipotizzando ora un invaghimento di Hideyoshi per la figlia di Rikyū, ora l'opposizione di quest'ultimo alla guerra coreana, ora un avvicinamento del monaco zen al clan dei Tokugawa (che nel 1600 avrebbe definitivamente unito il Giappone per poi inaugurare il sakoku). 
Un altro elemento che mise Rikyū in una posizione pericolosa, fu l'importanza che Hideyoshi attribuì alla cerimonia del té come momento di ostentazione di potere, ricchezza e raffinatezza. Infatti il daimyō promosse grandi eventi dedicati al culto dell'eleganza, patrocinò fortemente la cerimonia del té e riportò, dalle guerre in Corea, numerosi suppellettili di fattura fine, nonché molti artigiani capaci di produrne altri. 
Per dare misura dell'importanza di Hideyoshi, al lettore ricordiamo che il bellissimo Castello di Osaka fu portato a termine proprio da lui. 
Il suo interesse per l'ostentazione del potere e della ricchezza si declinò, anche, nella costruzione di una sala da tè portatile, rivestita da lamine d'oro all'esterno e garza rossa all'interno, chiamata kigame no zashiki, su modello del famoso Kinkakuji (il padiglione d'oro) di Kyoto. 
Concludiamo questo rapidissimo excursus ricordando anche che fu Hideyoshi a iniziare l'opera di riforma sociale che portò alla demilitarizzazione dei contadini e dunque all'affermazione dei samurai come unica classe in diritto di portare armi].

L'amicizia di un tempo non poté salvare Rikyū da delatori senza scrupoli, che lo accusarono di attentato contro il daimyō: partecipando a una congiura, avrebbe messo del potente veleno nella tazza destinata a Hideyoshi. Nonostante la mancanaza di prove, il sospetto e il dubbio erano più che sufficienti, per il daimyō, a decretare la condanna a morte di Rikyū.
Il Maestro del té ubbidisce al proprio signore, mostrando di essere superiore al dramma umano.

Celebra la sua ultima cerimonia, con i propri discepoli, affida loro i preziosi tesori cerimoniali. Unica eccezione, la propria tazza, bagnata dalle labbra della sventura: la rompe. Si toglie gli abiti scuri della cerimonia, resta con le vesti bianche della morte, in compagnia del discepolo più caro.
Recita la poesia:

Che tu sia la benvenuta,
Spada dell'Eternità!
Attraverso il Buddha
E attraverso il Dharma
Ti sei aperta la via. 








Tutt'oggi il libro per cui Okakura è maggiormente ricordato è proprio "Il libro del tè".
Nato nel 1862, fu non solo un intellettuale e scrittore: laureatosi all'Università imperiale di Tokyo nel 1880, fece numerosi viaggi in America e in Europa, così come ci si aspettava dagli intellettuali della sua epoca, spinti a studiare e assimilare il più possibile dall'Occidente. Dai primi viaggi tornò con la ferma convinzione della superiorità della propria cultura in quanto a raffinatezza e saper vivere.
Venne nominato a capo della Scuola d'Arte di Tokyo (Tokyo School of Fine Arts), di cui era stato tra i fondatori, ma si dimise poco dopo tempo, per protesta contro l'acritica occidentalizzazione che veniva incoraggiata. Fondò in un quartiere periferico della capitale giapponese l'Istituto d'Arte Giapponese (Nihon Bijutsuin), che catalizzò la presenza e l'attivismo di 39 artisti che difendevano un sentire giapponese da tutte le correnti che, in patria, si orientavano invece verso posizioni moderniste e filo-occidentali. Poichè l'Istituto non ebbe sovvenzioni governative, fu chiuso.
L'amarezza spinza Okakura ad andare in America, dove nel 1911 divenne Direttore della sezione cino-giapponese del Museum of fine Arts di Boston. Fu in America che pubblicò molte delle sue opere.
Nel 1913 tornò in Giappone, dove morirà nello stesso anno.
Una stanza gli è dedicata nel Tenshin Memorial Museum of Art.

Segnaliamo The Book of Tea disponibile gratuitamente online (gloria al Project Gutenberg), ovviamente in lingua inglese.


Autore: Okakura Kakuzo.
Titolo: Il libro del tè.
Editore: SugarcoEdizioni (oppure per l'editore SE, "Lo zen e la cerimonia del té", edizione molto più facile da reperire, di basso prezzo e ottima qualità per introduzione, commenti e traduzione, come d'altronde tutti i testi curati dalla SE).
Pagine: 97.
Prezzo: 6,20 euro.


@ Carla Righetti, Dita di Inchiostro.

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