Ci
sono romanzi che arrivano senza alcun preavviso, al buio. Un attimo
sono lì tra tutti gli altri, quello dopo tra le mani. Prima ancora
di leggere la retrocopertina (sono spesso inutili se non svianti),
apri e in terza pagina, prima del titolo del primo capitolo, trovi
alcuni versi.
L'autore
del libro, Roberto Pazzi.
Il
tema, il figlio di Giulio Cesare e Cleopatra, il principe egiziano
Cesarione.
La
situazione, la fuga funesta di Cesarione verso l'India.
La
poesia: Kavafis.
... la storia poche
righe
ti dedica. Così
ti plasmò con un estro
più libero la mente.
Non
conosci l'autore. Della trama non puoi dedurne molto, a parte il
fatto che si tratta di un esodo, di un libro che dall'evento storico
ne trae il senso umano attraverso il respiro irregolare delle
emozioni. L'atmosfera del libro, solo per questo, è già presente, e
decidi di immergerti con i personaggi in quel viaggio a ritroso, col
Mediterraneo alle spalle, a rincorreree l'unica speranza di salvezza.
"La
stanza sull'acqua" è un dipinto eterno di eventi sfuggiti alla
storia, personalità che la storia stessa ha condannato alla
sconfitta e all'ombra, dissanguate e private della vita e della
memoria.
Cesare e Cleopatra sono i genitori che avrebbero potuto assicurare al ragazzo, nato nel 47 a.C. e ucciso dagli uomini di Augusto nel 30 a. C., un destino di grandezza. Da un estremo all'altro, l'uccisione di Cesare e il suicidio di Cleopatra causano la rovina di una vita ancora non vissuta: il diciassettenne viene invece travolto. È significativo, sempre tenendo gli occhi sull'ampio contesto storico, che la madre Cleopatra l'abbia spinto a rifugiarsi in quell'India che fu l'estremo limite degli eserciti di Alessandro Magno, altro grande nome della storia e del mito cui i Tolomei in Egitto erano direttamente legati da ormai tre secoli di Regno.
Cesarione,
dunque, un ragazzo di soli diciassette anni che pure condensa in sè
così tanto dello stesso Cesare, viene affidato alle mani di quei
pochi fedeli scelti dalla regina, per intraprendere un viaggio verso
i luoghi dove il suo nome non è conosciuto, dove, cioè, il figlio
di Cesare non può ostacolare le mire al potere di Augusto. Il
giovane risale il corso del Nilo su una nave, cerca rifugio presso il
Re d'Etiopia, mirando infine all' India.
Un
viaggio destinato a non compirsi fino in fondo, oscurato dall'ombra
del tradimento e da eventi inaspettati che portano Cesarione a
fronteggiare l'altra metà di se stesso (in puro stile da commedia
ellenistica), ad abbracciarla e cambiare così il corso del destino.
"La
stanza sull'acqua" è un canto. Il fuoco della poesia fa
sciogliere il ghiaccio dei secoli, cerca dei volti, di profilo come i
geroglifici egiziani. I personaggi si delineano con la morbidezza di
figure riflesse nel fiume, si stagliano contro il paesaggio del Nilo
con i loro desideri vitali, di morte, d'amore. La situazione è tutta
in pochi accenni, è ciò che la sostiene a fare di questo libro una
piccola perla di narrazione. La poesia evoca fantasmi dal passato, li
riveste di carne e umanità, in una prosa scorrevole, puntuale ma
evocativa in tutto quel grande cosmo di sentimenti che è in grado di
socchiudere al lettore.
In
uno spazio ristretto come una nave antica, si consumano eventi di
passione, fedeltà, intrigo e tradimento, pigmenti colorati di una
umanità che si ritrova ad affiancare un giovane principe in fuga,
diretta, senza saperlo, verso il luogo in cui incontrerà un'altra
nave, che segue il loro stesso cammino in direzione opposta. La
principessa d'Etiopia, Afra, prigioniera della propria ciurma come
Cesarione, due giovani che brillano per l'intensità di una purezza
che è la gloria del mondo incarnata nei loro destini.
Ritratto di Cesarione (a sinistra). Leggi qui per approfondire. |
Leggendo
sembra di incorrere continuamente in due piani, in due stati
dell'essere: da una parte, un luogo intimo e chiaro, umano, come una
"stanza", dall'altro lo scorrere eterno delle cose grandi e
piccole, delle ambizioni umane, i riflessi nell' "acqua",
la spuma di tutti coloro che vivono intensamente un desiderio, che
sia d'amore e sacrificio o di cupidigia, poco cambia. Coloro che sono
il "seguito", che vogliono nel bene o nel male colpire
Cesarione, sono l'intera umanità destinata a restare ignara del
segreto portato dentro da quel figlio di Cesare: un ragazzo che è
figlio dell'uomo divino, un giovane uomo a sua volta che porta il
marchio di una grandezza che può essere distrutta, non cancellata.
La
domanda tormentata che la vicenda di Cesarione pone è: si può
sfuggire semplicemente al destino? Il fato non è forse qualcosa che
ti troverà ovunque? E poichè sono due domande retoriche, l'uomo
sembra destinato a chinare il capo. Ma la sconfitta è davvero
definitiva o c'è spazio per qualcos'altro?
Con
Cesarione ci sono i tre servitori più cari: la fedele nutrice Lamia
(amante molto più grande di Cesarione, donna matura che si vide a
sua volta amata da un anziano sacerdote, in Egitto), il danzatore
Onfale e il flautista Narciso; gli altri, uomini costretti
a seguirlo per ordine di Cleopatra: l'eunuco indiano Poro,
l'ex precettore Rodone, l'astronomo Sosigene (cui
Cesare aveva affidato la riforma del tempo), Teodoto (figlio
dell'uccisore di Pompeo), e lo stratega Areta.
Non
intendiamo dire niente su questi personaggi, che si muovono con la
grazia di uccelli acquatici con le loro passioni, abilità,
illusioni. Su tutti troneggia il destino, un triste destino, e Pazzi
li fa vivere, mentre la storia li ha dimenticati, sapendo che si
tratta di riflessi sull'acqua che il tempo porta via. Anche i
traditori e gli intriganti tra di loro sono legati al destino di quel
Cesarione prima vittima di un fato difficile da sopportare. L'amore e
l'odio li contrastano, risalgono il Nilo verso l'Etiopia attendendo
il momento di catturare oppure, a seconda dei casi, salvare
Cesarione, ignari che un'altra nave, identica, viene verso di loro.
Il Doppio intreccia il suo destino, un doppio che viene dalla sfera
metafisica della poesia e che Pazzi lascia scivolare sulle acque del
Nilo: una nave dall'Etiopia, identica e affine a quella di Cesarione,
un'altra fuga.
In
onore del doppio concludiamo questa recensione parlando di una
dinamica per molti versi affine a quella di Cesare e Cesarione: un
altro caso in cui il destino ha colpito chi era vicino a Cesare... e
Cesare stesso: il libro si apre su vicende che narrano la forza
assoluta del fato sull'uomo.
Il romanzo si apre sui pensieri del duce romano, che si inseguono, come spire di incenso, in brevi respiri: è il 46 a.C., e lui, insonne, aspettando l'alba, in un momento che non appartiene nè all'ombra nè alla luce, si aggira tra i ricordi. È il giorno dell'esecuzione del gallo Vercingetorige, ormai uomo spezzato dalla verga di Roma. Pensa a lui e al proprio figlio, Cesarione. I loro destini accumunati dall'essere stato tanto vicini a un uomo divino.
Quel
guerriero non sarebbe incanutito proprio perchè l'ammirazione
segreta di Cesare lo costringeva a morire eternamente giovane, per
assurgere a mito; Cesarione non avrebbe raggiunto forse la maturità
perchè troppe forze ostili, suscitate dalla potenza di Cesare,
maturavano il loro assalto sul suo capo innocente (p. 14)
Mettiamo
da parte la questione su Cesarione, sulla sua sorte: non tradiremmo
mai il lettore della presente recensione rivelando le sorti del giovane. Fino a che punto Vercingetorige e Cesarione sono simili, lo
dirà la lettura.
Accenniamo la bellezza triste dell'apertura del romanzo, sul rapporto tra Vercingetorige e Cesare.
Accenniamo la bellezza triste dell'apertura del romanzo, sul rapporto tra Vercingetorige e Cesare.
Lionel Royer, "Vercingetorige getta le armi ai piedi di Cesare", 1899. |
La storia tra i due è quella tra due grandi
condottieri, legati dalla guerra e dall'amicizia.
Il romano prende con sè il nobile gallo giovane, rimasto orfano del padre, lo addestra al combattimento e alla tattica; lo guarda poi andare via e diventare il duce dei Galli contro Roma. L'esito, per Vercingetorige, è la sconfitta e il desiderio di morire per mano di Cesare. Ma non si può. La disperazione di Vercingetorige è descritta dal Pazzi in battute, pochi paragrafi, andando a delineare il destino tragico di chi è legato a un uomo che è un mito, un uomo non libero, un uomo che porta tutto il peso di Roma. Vercingetorige viene tenuto prigioniero per sei anni, a Roma, fino al giorno della celebrazione del trionfo di Cesare.
Il romano prende con sè il nobile gallo giovane, rimasto orfano del padre, lo addestra al combattimento e alla tattica; lo guarda poi andare via e diventare il duce dei Galli contro Roma. L'esito, per Vercingetorige, è la sconfitta e il desiderio di morire per mano di Cesare. Ma non si può. La disperazione di Vercingetorige è descritta dal Pazzi in battute, pochi paragrafi, andando a delineare il destino tragico di chi è legato a un uomo che è un mito, un uomo non libero, un uomo che porta tutto il peso di Roma. Vercingetorige viene tenuto prigioniero per sei anni, a Roma, fino al giorno della celebrazione del trionfo di Cesare.
Il
duce romano è insonne. Ha accettato le catene del fato, e pensa a
quelle che stringono Vercingetorige.
Ricorda un ultimo dialogo tra loro, ed è a questo che affidiamo al lettore il piacere di gustare la sensibilità e la capacità narrativa del Pazzi.
Ricorda un ultimo dialogo tra loro, ed è a questo che affidiamo al lettore il piacere di gustare la sensibilità e la capacità narrativa del Pazzi.
"Tu mi volevi
sconfitto dalla mia incapacità di graziarti. Hai vinto, io non conto
più nulla, nemmeno a me è lecito risparmiarti"
"Il tuo nemico
vive già coi morti, Cesare, vedi il suo corpo, ma non siste più,
non intende nemmeno il tuo vaneggiamento... Lasciami, dammela
finalmente la cosa che mi sono guardagnato e che comunque verrà
perchè non è tua facoltà concedermela, ma soltanto affrettarla."
"E quale grazia è
in mio potere, solo e pienamente mio?"
"Tu puoi distrarre
folle di uomini dalla verità rendendo la vita preziosa e
desiderabile, tu servi loro per ritenere l'esistenza degna di
qualsiasi degradazione pur di conservarla. Questa è la tua forza. Ma
il terrore del tuo nome è una maschera vuota: lo s'impara quando si
vive per anni beffando la tentazione di esercitare un potere su
Cesare."
"Chi ti ha insegnato a filosofare da stoico, barbaro spudorato, chi?"
"Chi ti ha insegnato a filosofare da stoico, barbaro spudorato, chi?"
"Vattene Cesare,
non ha più senso parlare. Presto mi seguirai. Ma a te non sarà
concesso contare le ultime gocce del tempo."
"La
stanza sull'acqua" è una meditazione luminosa sui sentimenti e
sul dolore, sulla vita e sulla morte, sul destino e sulla libertà.
La Bompiani rende disponibile nuovamente questo romanzo, pubblicato
per la prima volta dalla Garzanti nel 1991, per la collana "I
grandi tascabili": un'edizione molto elegante, con gli angoli
delle pagine squadrati, e il piacere sensoriale di una pagina
morbida.
Segnaliamo anche l'intervista a Roberto Pazzi, in occasione della nuova edizione del romanzo.
Titolo:
La stanza sull'acqua.
Autore:
Roberto Pazzi.
Editore:
Bompiani.
Pagine:
207.
Prezzo:
8.90 €
@ Carla Righetti, Dita di Inchiostro.
@ Carla Righetti, Dita di Inchiostro.
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