venerdì 6 luglio 2012

La stanza sull'acqua: la poesia dà corpo alla storia


Ci sono romanzi che arrivano senza alcun preavviso, al buio. Un attimo sono lì tra tutti gli altri, quello dopo tra le mani. Prima ancora di leggere la retrocopertina (sono spesso inutili se non svianti), apri e in terza pagina, prima del titolo del primo capitolo, trovi alcuni versi.
L'autore del libro, Roberto Pazzi.
Il tema, il figlio di Giulio Cesare e Cleopatra, il principe egiziano Cesarione.
La situazione, la fuga funesta di Cesarione verso l'India.
La poesia: Kavafis.

... la storia poche righe
ti dedica. Così
ti plasmò con un estro più libero la mente.

Non conosci l'autore. Della trama non puoi dedurne molto, a parte il fatto che si tratta di un esodo, di un libro che dall'evento storico ne trae il senso umano attraverso il respiro irregolare delle emozioni. L'atmosfera del libro, solo per questo, è già presente, e decidi di immergerti con i personaggi in quel viaggio a ritroso, col Mediterraneo alle spalle, a rincorreree l'unica speranza di salvezza.

"La stanza sull'acqua" è un dipinto eterno di eventi sfuggiti alla storia, personalità che la storia stessa ha condannato alla sconfitta e all'ombra, dissanguate e private della vita e della memoria.



Cesare e Cleopatra sono i genitori che avrebbero potuto assicurare al ragazzo, nato nel 47 a.C. e ucciso dagli uomini di Augusto nel 30 a. C., un destino di grandezza. Da un estremo all'altro, l'uccisione di Cesare e il suicidio di Cleopatra causano la rovina di una vita ancora non vissuta: il diciassettenne viene invece travolto. È significativo, sempre tenendo gli occhi sull'ampio contesto storico, che la madre Cleopatra l'abbia spinto a rifugiarsi in quell'India che fu l'estremo limite degli eserciti di Alessandro Magno, altro grande nome della storia e del mito cui i Tolomei in Egitto erano direttamente legati da ormai tre secoli di Regno.
Cesarione, dunque, un ragazzo di soli diciassette anni che pure condensa in sè così tanto dello stesso Cesare, viene affidato alle mani di quei pochi fedeli scelti dalla regina, per intraprendere un viaggio verso i luoghi dove il suo nome non è conosciuto, dove, cioè, il figlio di Cesare non può ostacolare le mire al potere di Augusto. Il giovane risale il corso del Nilo su una nave, cerca rifugio presso il Re d'Etiopia, mirando infine all' India.
Un viaggio destinato a non compirsi fino in fondo, oscurato dall'ombra del tradimento e da eventi inaspettati che portano Cesarione a fronteggiare l'altra metà di se stesso (in puro stile da commedia ellenistica), ad abbracciarla e cambiare così il corso del destino.

"La stanza sull'acqua" è un canto. Il fuoco della poesia fa sciogliere il ghiaccio dei secoli, cerca dei volti, di profilo come i geroglifici egiziani. I personaggi si delineano con la morbidezza di figure riflesse nel fiume, si stagliano contro il paesaggio del Nilo con i loro desideri vitali, di morte, d'amore. La situazione è tutta in pochi accenni, è ciò che la sostiene a fare di questo libro una piccola perla di narrazione. La poesia evoca fantasmi dal passato, li riveste di carne e umanità, in una prosa scorrevole, puntuale ma evocativa in tutto quel grande cosmo di sentimenti che è in grado di socchiudere al lettore.

In uno spazio ristretto come una nave antica, si consumano eventi di passione, fedeltà, intrigo e tradimento, pigmenti colorati di una umanità che si ritrova ad affiancare un giovane principe in fuga, diretta, senza saperlo, verso il luogo in cui incontrerà un'altra nave, che segue il loro stesso cammino in direzione opposta. La principessa d'Etiopia, Afra, prigioniera della propria ciurma come Cesarione, due giovani che brillano per l'intensità di una purezza che è la gloria del mondo incarnata nei loro destini.

Ritratto di Cesarione (a sinistra).
Leggi qui per approfondire.
Leggendo sembra di incorrere continuamente in due piani, in due stati dell'essere: da una parte, un luogo intimo e chiaro, umano, come una "stanza", dall'altro lo scorrere eterno delle cose grandi e piccole, delle ambizioni umane, i riflessi nell' "acqua", la spuma di tutti coloro che vivono intensamente un desiderio, che sia d'amore e sacrificio o di cupidigia, poco cambia. Coloro che sono il "seguito", che vogliono nel bene o nel male colpire Cesarione, sono l'intera umanità destinata a restare ignara del segreto portato dentro da quel figlio di Cesare: un ragazzo che è figlio dell'uomo divino, un giovane uomo a sua volta che porta il marchio di una grandezza che può essere distrutta, non cancellata.
La domanda tormentata che la vicenda di Cesarione pone è: si può sfuggire semplicemente al destino? Il fato non è forse qualcosa che ti troverà ovunque? E poichè sono due domande retoriche, l'uomo sembra destinato a chinare il capo. Ma la sconfitta è davvero definitiva o c'è spazio per qualcos'altro?
Con Cesarione ci sono i tre servitori più cari: la fedele nutrice Lamia (amante molto più grande di Cesarione, donna matura che si vide a sua volta amata da un anziano sacerdote, in Egitto), il danzatore Onfale e il flautista Narciso; gli altri, uomini costretti a seguirlo per ordine di Cleopatra: l'eunuco indiano Poro, l'ex precettore Rodone, l'astronomo Sosigene (cui Cesare aveva affidato la riforma del tempo), Teodoto (figlio dell'uccisore di Pompeo), e lo stratega Areta.
Non intendiamo dire niente su questi personaggi, che si muovono con la grazia di uccelli acquatici con le loro passioni, abilità, illusioni. Su tutti troneggia il destino, un triste destino, e Pazzi li fa vivere, mentre la storia li ha dimenticati, sapendo che si tratta di riflessi sull'acqua che il tempo porta via. Anche i traditori e gli intriganti tra di loro sono legati al destino di quel Cesarione prima vittima di un fato difficile da sopportare. L'amore e l'odio li contrastano, risalgono il Nilo verso l'Etiopia attendendo il momento di catturare oppure, a seconda dei casi, salvare Cesarione, ignari che un'altra nave, identica, viene verso di loro. Il Doppio intreccia il suo destino, un doppio che viene dalla sfera metafisica della poesia e che Pazzi lascia scivolare sulle acque del Nilo: una nave dall'Etiopia, identica e affine a quella di Cesarione, un'altra fuga.

In onore del doppio concludiamo questa recensione parlando di una dinamica per molti versi affine a quella di Cesare e Cesarione: un altro caso in cui il destino ha colpito chi era vicino a Cesare... e Cesare stesso: il libro si apre su vicende che narrano la forza assoluta del fato sull'uomo.

Il romanzo si apre sui pensieri del duce romano, che si inseguono, come spire di incenso, in brevi respiri: è il 46 a.C., e lui, insonne, aspettando l'alba, in un momento che non appartiene nè all'ombra nè alla luce, si aggira tra i ricordi. È il giorno dell'esecuzione del gallo Vercingetorige, ormai uomo spezzato dalla verga di Roma. Pensa a lui e al proprio figlio, Cesarione. I loro destini accumunati dall'essere stato tanto vicini a un uomo divino.

Quel guerriero non sarebbe incanutito proprio perchè l'ammirazione segreta di Cesare lo costringeva a morire eternamente giovane, per assurgere a mito; Cesarione non avrebbe raggiunto forse la maturità perchè troppe forze ostili, suscitate dalla potenza di Cesare, maturavano il loro assalto sul suo capo innocente (p. 14)

Mettiamo da parte la questione su Cesarione, sulla sua sorte: non tradiremmo mai il lettore della presente recensione rivelando le sorti del giovane. Fino a che punto Vercingetorige e Cesarione sono simili, lo dirà la lettura.

Accenniamo la bellezza triste dell'apertura del romanzo, sul rapporto tra Vercingetorige e Cesare.

Lionel Royer, "Vercingetorige getta le armi ai piedi di Cesare", 1899.

La storia tra i due è quella tra due grandi condottieri, legati dalla guerra e dall'amicizia.
Il romano prende con sè il nobile gallo giovane, rimasto orfano del padre, lo addestra al combattimento e alla tattica; lo guarda poi andare via e diventare il duce dei Galli contro Roma. L'esito, per Vercingetorige, è la sconfitta e il desiderio di morire per mano di Cesare. Ma non si può. La disperazione di Vercingetorige è descritta dal Pazzi in battute, pochi paragrafi, andando a delineare il destino tragico di chi è legato a un uomo che è un mito, un uomo non libero, un uomo che porta tutto il peso di Roma. Vercingetorige viene tenuto prigioniero per sei anni, a Roma, fino al giorno della celebrazione del trionfo di Cesare.
Il duce romano è insonne. Ha accettato le catene del fato, e pensa a quelle che stringono Vercingetorige.
Ricorda un ultimo dialogo tra loro, ed è a questo che affidiamo al lettore il piacere di gustare la sensibilità e la capacità narrativa del Pazzi.

"Tu mi volevi sconfitto dalla mia incapacità di graziarti. Hai vinto, io non conto più nulla, nemmeno a me è lecito risparmiarti"
"Il tuo nemico vive già coi morti, Cesare, vedi il suo corpo, ma non siste più, non intende nemmeno il tuo vaneggiamento... Lasciami, dammela finalmente la cosa che mi sono guardagnato e che comunque verrà perchè non è tua facoltà concedermela, ma soltanto affrettarla."
"E quale grazia è in mio potere, solo e pienamente mio?"
"Tu puoi distrarre folle di uomini dalla verità rendendo la vita preziosa e desiderabile, tu servi loro per ritenere l'esistenza degna di qualsiasi degradazione pur di conservarla. Questa è la tua forza. Ma il terrore del tuo nome è una maschera vuota: lo s'impara quando si vive per anni beffando la tentazione di esercitare un potere su Cesare."
"Chi ti ha insegnato a filosofare da stoico, barbaro spudorato, chi?"
"Vattene Cesare, non ha più senso parlare. Presto mi seguirai. Ma a te non sarà concesso contare le ultime gocce del tempo."


"La stanza sull'acqua" è una meditazione luminosa sui sentimenti e sul dolore, sulla vita e sulla morte, sul destino e sulla libertà. La Bompiani rende disponibile nuovamente questo romanzo, pubblicato per la prima volta dalla Garzanti nel 1991, per la collana "I grandi tascabili": un'edizione molto elegante, con gli angoli delle pagine squadrati, e il piacere sensoriale di una pagina morbida.

Segnaliamo anche l'intervista a Roberto Pazzi, in occasione della nuova edizione del romanzo.


Titolo: La stanza sull'acqua.
Autore: Roberto Pazzi.
Editore: Bompiani.
Pagine: 207.
Prezzo: 8.90 € 


@ Carla Righetti, Dita di Inchiostro

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